Macron eletto presidente: rifondare l'Europa

Macron eletto presidente: rifondare l'Europa
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Lunedì 8 Maggio 2017, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 12:52

Emmanuel Macron, a 39 anni, è il nuovo presidente della Repubblica francese. Con il 66,1% delle preferenze il candidato centrista pro-Europa si è aggiudicato il ballottaggio contro la leader del Front National, Marine Le Pen, divenendo il più giovane presidente della storia di Francia. Macron ha raccolto 20.753.704 voti, Le Pen 10.643.937. «Si apre una nuova pagina, voglio che sia quella della speranza e della ritrovata fiducia», ha detto il neo-presidente al Louvre davanti a una folla di sostenitori sulle note dell'Inno alla Gioia, suonato prima della Marsigliese. Durante il discorso la promessa di «proteggere» e «tenere unita» la Francia, e quella altrettanto solenne di «difendere il destino comune dell'Europa».

 

 


Macron ferma dunque l'onda populista di Trump e della Brexit e riporta la costruzione europea al centro delle priorità. Con un movimento che ha creato da solo, ha camminato indisturbato sulle macerie del vecchio bipolarismo francese, mandando in soffitta il Partito socialista e i neogollisti. Alla fine ha travolto anche un Front National che già nella sera della sconfitta Marine Le Pen ha definitivamente seppellito.

Alta l'astensione, pari al 25,44%, il secondo dato più basso nella storia della Quinta Repubblica a un ballottaggio delle presidenziali. Il record negativo spetta alle presidenziali del 1969, con il 68,85% di votanti al ballottaggio fra Pompidou e il centrista Poher. Sono stati invece 3,01 milioni i francesi che hanno votato scheda bianca e 1,06 milioni sono stati i voti nulli. 

Non c'è stata nessuna sorpresa alla fine: 60 a 40 hanno martellato per 15 giorni i sondaggisti, 66 a 34 il risultato finale, comunque il più alto mai ottenuto dal Front National. «Si apre una nuova pagina - sono state le prime parole di Macron - voglio che sia quella della speranza e della ritrovata fiducia». Il trentanovenne presidente ha parlato - come promesso - prima di tutti con Marine Le Pen per rendere omaggio all'avversaria battuta, poi con il presidente Francois Hollande.

Nel quartier generale del XV arrondissement, al sesto piano accessibile soltanto a Brigitte e alla cerchia più stretta del suo staff, Macron è rimasto a scrivere il suo primo discorso solenne. Lo ha pronunciato un'ora più tardi, con lo sguardo fisso e gli occhi lucidi dalla tensione, la voce bassa e concentrata, le parole scandite con lentezza: «Mi rivolgo a tutti voi, qualunque sia stata la vostra scelta. Non nego le difficoltà economiche, sociali, l'abbattimento morale. In questo momento voglio rivolgere il mio saluto repubblicano al mio avversario, la signora Le Pen». Poi la promessa di «proteggere» e «tenere unita» la Francia, e quella altrettanto solenne di «difendere il destino comune dell'Europa». 

 


Quindi, blindato da imponenti misure di sicurezza, il trasferimento al Louvre, dove l'aspettava una folla immensa. E l'immagine che volta definitivamente la pagina del «presidente normale» Hollande per aprire quella della solennità, a tratti del misticismo di una moltitudine di seguaci in adorazione di un guru. Tre minuti a percorrere, da solo, il perimetro del grande museo, con la folla a seguirlo sui maxischermi e l'inno alla Gioia sullo sfondo, poi il discorso infiammato: «La Francia ha vinto», prima di far salire sul palco Brigitte e la famiglia allargata.

È la celebrazione che soltanto qualche mese fa nessuno avrebbe neppure lontanamente immaginato in una Francia in cui da sempre chi vuole aspirare all'Eliseo deve avere «un partito alle spalle». Macron non ce l'aveva, l'ha costruito in pochi mesi e se lo è - al contrario - caricato sulle proprie spalle. Ha visto, settimana dopo settimana, cadere ai suoi piedi gli antichi alleati e amici della gauche di governo, a cominciare dal presidente Hollande - il primo capo dello Stato della Quinta repubblica a non ricandidarsi - fino all'amico-rivale Manuel Valls.

L'harakiri di Francois Fillon e il plafond de verre, il soffitto di vetro che blocca da sempre il Front National all'ultimo ostacolo, hanno fatto il resto. Resta «l'enorme compito» che Macron ha riconosciuto subito nel discorso al Louvre, quello di riunificare un Paese spaccato, in cui oggi - comunque - meno della metà degli iscritti a votare hanno espresso la preferenza per lui. Record assoluto poi di schede bianche e nulle. Molto di questa «terza scelta» è riconducibile alla gauche radicale di Jean-Luc Melenchon, finita quarta al primo turno e sfumata in questi giorni in un «né Macron né Le Pen».

Da domani, comincia «la nuova era», un lavoro di ricostruzione titanico, a cominciare dalla battaglia per le politiche dell'11 e 18 giugno in cui Macron dovrà tentare - con la sua maggioranza Republique en Marche - di strappare il maggior numero di seggi a ciò che resta dei partiti tradizionali, per poter governare e varare il suo ambizioso programma di riforme per la Francia e l'Europa.

 

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