Luxuria fermata e liberata di nuovo a Sochi mentre sfida le leggi omofobe di Putin: bloccate anche "Le Iene"

Luxuria fermata e liberata di nuovo a Sochi mentre sfida le leggi omofobe di Putin: bloccate anche "Le Iene"
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Lunedì 17 Febbraio 2014, 18:12 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 00:42

Fermata dalla polizia, caricata su una auto e abbandonata in campagna insieme ai due inviati delle 'Iene' Pio D'Antini e Amedeo Grieco, la transgender Vladimir Luxuria non riuscita a tagliare il traguardo finale per assistere alla semifinale di hockey femminile dei Giochi di Sochi.

Ma, dopo il breve fermo di ieri per una bandiera arcobaleno, sembra aver vinto lo stesso una preziosa medaglia per quella che definisce «la mia squadra squadra», quella «Rainbow», sfidando Putin e la sua legge contro il divieto di propaganda gay nel cuore di un affollato parco olimpico: una lunga passerella tra flash, telecamere e giornalisti di mezzo mondo sfilando indisturbata con uno stravagante look arcobaleno e gridando «essere gay è ok», in italiano, inglese e russo («Bit geem eto normalno»).

Uno dei più grandi spot planetari a favore delle minoranze sessuali a casa di Putin, che evidentemente è in vena di clemenza olimpica e non vuole 'macchiarè le sue Olimpiadi con nuove polemiche. Qualche «momento di tensione», racconta 'Vladì, c'è stato all'ingresso del parco, quando le hanno chiesto i documenti dove all'anagrafe risulta come Wladimiro Guadagno: «avevano già il mio nome segnato su un taccuino, mi hanno chiesto perplessi se ero un uomo, 'yes' ho risposto, quindi mi hanno fatto passare, con tante scuse». Quindi una lunga passeggiata lungo il «ponte olimpico», dove «le bambine mi chiedevamo di farsi una foto insieme a me, scambiandomi per una fata, perchè qui non in Russia non conoscono molto il significato dell'arcobaleno».

Con una multicolore gonna a ruota e una cresta di fiori in testa che la fanno sembrare quasi un pavone, Luxuria avanza lentamente, posa, rilascia interviste volanti anche in inglese, scherza, ma non concede sconti a nessuno. «Sono qui per dire a Putin che la modernità non è soltanto la tecnologia di questo bellissimo parco olimpico, ma anche l'apertura mentale in tema di diritti per la difesa delle minoranze sessuali». «La libertà di espressione è il punto debole di questo Paese», incalza. E racconta che al Mayak, il più noto locale gay di Sochi, molti giovani omosessuali le hanno raccontato «i problemi legati alla loro condizione, le imboscate, le percosse, di quando vengono umiliati e offesi da gruppi omofobi che poi mandano le immagini su internet». «Bisogna combattere l'omofobia di Stato e di strada, per questo sono qui». Ed è proprio mentre stava tornando per la seconda volta al Mayak, ieri sera, che la polizia le ha tolto la bandiera arcobaleno con la scritta «essere gay è ok»: «volevo riprendermela, così mi hanno portato in caserma per un paio d'ore, nessuno parlava inglese, ero un pò spaventata. Del resto, non mi hanno offerto the e pasticcini».

Luxuria ne ha anche per il premier passato e quello incaricato: «Al nuovo premier Renzi chiedo che quando parlerà con i leader mondiali di questioni economiche non dimentichi i diritti civili. Il gas è importante ma non calpestiamo questi temi». Quanto a Letta, aggiunge, «mi aveva fatto piacere quando dagli Emirati Arabi aveva annunciato che avrebbe speso due parole contro le discriminazioni sessuali durante l'inaugurazione dei giochi di Sochi, cosa che però puntualmente non ha fatto». Dice di andare «dove c'è bisogno, in solidarietà ai miei fratelli e alle mie sorelle, anzi ai miei compagni di squadra». Sì, perchè per 'Vladì «giocare significa non solo rispettare delle regole, ma anche delle persone con orientamento sessuale diverso, per vincere una sfida comune, quella di vivere meglio tutti insieme». Poco importa se la polizia la porta via davanti allo stadio dell'hockey, lontano da sguardi indiscreti, dopo averla probabilmente tenuta costantemente sotto controllo: con il suo show al parco olimpico ha già vinto l'oro della prima e unica provocazione in materia di diritti gay.

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