Caso Londra, la protesta italiana: no a quei moduli per studenti

Caso Londra, la protesta italiana: no a quei moduli per studenti
di Cristina Marconi
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Mercoledì 12 Ottobre 2016, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 12:08


LONDRA È toccato all'Ambasciata italiana nel Regno Unito fare presente che l'Italia è un paese unificato dal 1861 e chiedere l'immediata eliminazione delle categorizzazioni dei presunti diversi tipi di lingua italiano, italiano napoletano o italiano siciliano? dai moduli di iscrizione di alcune scuole dell'Inghilterra e del Galles. Un passo a tutela degli studenti italiani nel Regno Unito nel giorno in cui è arrivata un'altra buona notizia: il ministro dell'Università Jo Johnson ha annunciato che i 125mila europei iscritti negli atenei britannici sia ai corsi di laurea che a quelli post-diploma potranno continuare a chiedere prestiti e sovvenzioni fino al 2018 e per tutta la durata degli studi, anche se nel frattempo il paese sarà uscito dall'Unione europea.

«UN IMPORTANTE CONTRIBUTO»
«Gli studenti internazionali forniscono un importante contributo al nostro rinomato sistema universitario», ha spiegato Johnson, osservando come l'obiettivo sia quello di dare «maggiore sicurezza a studenti e università», come chiesto a gran voce dai rettori e dai rappresentanti del mondo accademico all'indomani del voto del 23 giugno scorso sulla Brexit. Ad una settimana dalla conferenza dei conservatori a Birmingham, teatro di una serie di dichiarazioni particolarmente oltranziste in materia di Brexit e immigrazione europea, questo è uno dei primi segnali che il governo britannico potrebbe passare a più miti consigli, complice una sterlina che ieri ha registrato nuove pesanti perdite arrivando a 1,098 nei confronti dell'euro e a 1,214 nei confronti del dollaro. All'origine del calo c'e' stata la pubblicazione di un documento del governo da parte del Times secondo cui una hard Brexit che comprendesse anche un'uscita dal mercato interno costerebbe al paese 66 miliardi di sterline, circa 73 miliardi di euro, ossia circa il 10% delle entrate fiscali previste dal governo. Oppure, per sollevare un tema caro all'elettorato brexiter, il 65% del bilancio della sanità. Inoltre il pil del paese potrebbe risentirne fino al 9,5% se dovesse affidarsi alle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, secondo il documento, che giunge in un momento in cui la linea della premier Theresa May di privilegiare il controllo dell'immigrazione rispetto all'accesso al mercato interno nei negoziati con Bruxelles è sotto attacco da più parti. Un gruppo trasversale di deputati, tra cui molti conservatori, ha chiesto che il parlamento possa votare una eventuale decisione di uscire dal mercato unico e, sebbene sia la May che Diane Abbott del Labour abbiano fatto presente che sarebbe una maniera per alterare il risultato del referendum, l'inquilina di Downing Street, che non è stata eletta, non può comunque trascurare il parere di Westminster.

PAURE E MARCE INDIETRO
Anche il capo della campagna Leave, Dominic Cummings, ha fatto marcia indietro sull'immigrazione qualificata, suggerendo di abbandonare l'idea di poter fissare una soglia. I timori di una hard Brexit si stanno concentrando sui mercati valutari e sebbene una sterlina debole abbia dei vantaggi - studiare nel Regno Unito è sicuramente più conveniente che in passato e potrebbe attirare un numero maggiore di studenti decisi a beneficiare di un sistema d'eccellenza prima che cambino le carte in tavola presenta anche dei rischi a lungo termine, come sottolineato dal Consorzio britannico dei commercianti al dettaglio, che ha fatto presente come, nonostante l'aumento delle vendite dello 0,4% a settembre, «rischiamo di vedere una pressione al rialzo sui prezzi». Della sterlina debole ha beneficiato soprattutto il mercato del lusso, con le vendite di gioielli e di orologi in netto aumento. Se i prezzi delle case sono calati per gli investitori europei, l'incertezza post Brexit continua a prevalere. Così come l'attesa: la sterlina, nei prossimi mesi, potrebbe scendere ancora.