Libia, vertice a Vienna: sostegno al governo Sarraj. Ma non ci sarà intervento

Libia, vertice a Vienna: sostegno al governo Sarraj. Ma non ci sarà intervento
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Lunedì 16 Maggio 2016, 15:08 - Ultimo aggiornamento: 17 Maggio, 18:24

La Conferenza di Vienna organizzata da Italia e Stati Uniti segna la svolta in Libia: 20 Paesi, tra i quali i membri del consiglio di sicurezza dell'Onu e l'Egitto hanno sottoscritto una dichiarazione che riconosce l'operatività del governo di unità nazionale del premier designato Fayez al Sarraj e apre la strada all'alleggerimento dell'embargo sulle armi, all'addestramento ed equipaggiamento della Guardia presidenziale soprattutto in chiave anti-Isis, a una strategia concreta per il contrasto al traffico di esseri umani.

«È importante sottolineare come l'attenzione specifica sulla Libia sia utile per pacificare l'intera area del Mediterraneo e non solo per ridurre il numero di profughi e di arrivi in Europa», ha detto da Palazzo Chigi il premier Matteo Renzi: «Sottolineo la straordinaria importanza dell'azione diplomatica della comunità internazionale guidata dal ministro Gentiloni».

Per il titolare della Farnesina, l'intesa siglata nella capitale austriaca «ha un grande valore politico», perché imperniata sul riconoscimento «della comunità internazionale della responsabilità del governo presieduto da Sarraj». Gentiloni, nella conferenza stampa congiunta con il segretario di Stato Usa John Kerry e lo stesso Sarraj, ha poi ribadito che per stabilizzare la Libia «non ci sarà alcun intervento militare straniero». Anzi, per fronteggiare l'Isis c'è bisogno di un comando unificato, di allargare il consenso all'accordo politico, «anche coinvolgendo il generale Khalifa Haftar». A condizione che ciò avvenga nel quadro del riconoscimento del governo Sarraj.

L'Italia, e i suoi alleati, è pronta «ad addestrare ed equipaggiare le forze militari libiche come chiede il governo Sarraj». Roma, ha spiegato a margine del vertice, assieme agli altri Paesi europei della conferenza - Gran Bretagna e Francia - ha declinato tuttavia l'invito dell'Onu a proteggere gli uffici della missione delle Nazioni Unite a Tripoli, «per la quale serve una forza multinazionale» la stessa schierata a difesa delle sedi Onu nelle aree più sensibili. Per l'Unsmil si ipotizza un contingente di soldati nepalesi, rivelano fonti Onu a New York e Vienna.

Per l'Italia, ha continuato Gentiloni - sarà prioritaria la sicurezza della propria sede diplomatica, che si auspica verrà riaperta già nei prossimi mesi insieme a quelle dei principali Paesi Ue. «È un obiettivo a cui siamo molto affezionati», ha sottolineato il ministro degli Esteri: ma serve sicurezza, «spero che il passo avanti di oggi ci aiuti».

E se i firmatari dell'intesa di Vienna si dicono pronti da un lato a sostenere il percorso in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu per l'alleggerimento all'embargo sulle armi, dall'altro sottolineano che il bando all'import, in vigore dal 2011, rimarrà in vigore per tutte quelle forze militari che non si riconosceranno nel governo di unità e nell'accordo politico libico. Nel documento di Vienna, i firmatari tra i quali naturalmente la Libia, ma anche Egitto, Ciad, Sudan, Tunisia, Algeria e Niger - i Paesi di transito di centinaia di migliaia di disperati in fuga da guerra e povertà - hanno recepito l'invito dell'Ue per una strategia contro il traffico di esseri umani.

«Finalmente c'è una strategia sostenibile. E non è imposta», ma condivisa, ha detto a margine dei lavori la responsabile della politica estera dell'Ue Federica Mogherini. Già nei prossimi giorni «verrà avviato l'addestramento della Guardia costiera libica». Non necessariamente nelle acque territoriali, «valuteremo caso per caso con i libici, se avranno bisogno di aiuto», ha spiegato Mogherini, annunciando che diversi milioni di euro stanziati dall'Ue sono già impiegati, sia sul fronte dell'emergenza in mare che per il controllo delle frontiere terrestri. Ma anche per consentire all'Oim e all'Unhcr di assistere in Libia gli oltre 500.000 tra sfollati, profughi e rimpatriati che affollano le coste del Paese Nordafricano. 

 

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