Vertice mondiale sulla Libia: si cerca un ruolo per Haftar

Kerry e Gentiloni
di Marco Ventura
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Lunedì 16 Maggio 2016, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 17:03

Il vertice di Vienna sulla Libia si apre oggi sotto la presidenza congiunta di Italia e Stati Uniti con molte incognite, ma con la presenza significativa di Fayez Al Serraj, il primo ministro del governo di riconciliazione nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite. La prima incognita si chiama Haftar, il generale che guida le milizie sostenute dall'Egitto a Bengasi, capitale della Cirenaica, e che non accetta di cedere lo scettro al governo di Tripoli. Tra lui e Al Serraj in comune c'è solo il nemico: la succursale dell'Isis in Libia e le propaggini mediterranee di Al Qaeda nel Maghreb (Aqmi).

I JIHADISTI E I DUE CONTENDENTI
Ieri si è saputo che a Sirte è stata eseguita la condanna a morte di un “tribunale di strada” presieduto da un libico e composto da sauditi e egiziani contro una presunta spia dell'esercito di Tripoli. Altre esecuzioni, e amputazioni di mani e fustigazioni, potrebbero avere luogo nei prossimi giorni. Cronache dal Califfato libico. Intanto cresce lo scontro politico, economico e militare fra Serraj a Tripoli e Haftar a Bengasi per il controllo degli impianti di gas e petrolio. La National Oil Company (Noc) e la guardia petrolifera che difende i pozzi, fedeli a al-Serraj, considerano l'offensiva delle truppe di Haftar contro i jihadisti “un pretesto” per conquistare le installazioni nella terra di nessuno.
 
La Libia è spaccata almeno in tre: Tripoli, Bengasi e i capisaldi jihadisti lungo la costa. Di tutto questo si parlerà oggi a Vienna. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, reduce dalla visita a Tunisi, ha dettato una nota che definisce «l'unità e la stabilizzazione della Libia un obiettivo prioritario per l'Italia». Il summit ministeriale, che domani sotto la presidenza russo-americana si sposterà sulla Siria, prosegue il percorso diplomatico avviato il 13 dicembre a Roma, che ha portato alla risoluzione 2259 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e all'ingresso tra gli spari a Tripoli di Al Serraj il 30 marzo. «Dall'incontro di Vienna ci aspettiamo un altro passo avanti», dice il ministro della Difesa Roberta Pinotti a “L'intervista” di Maria Latella su Sky. «Il governo di Al Serraj è ancora molto fragile: manca un passaggio importante come il voto del Parlamento di Tobruk e poi bisogna unificare tutte le parti che ancora non si sentono incluse nel processo ma che hanno deciso di combattere l'Isis». Come il generale Haftar.

Al vertice di oggi parteciperanno, oltre al segretario di Stato americano John Kerry e al ministro Gentiloni, i Paesi del “formato di Roma” (membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu, paesi europei e della regione, 4 organizzazioni internazionali più Malta, Ciad, Niger e Sudan). La novità «qualificante», sottolinea la Farnesina, è la partecipazione di Al Serraj che potrà «raccogliere un importante messaggio di sostegno internazionale e presentare alcune prime decisioni: il decreto per la formazione della Guardia presidenziale e il provvedimento per la creazione di un comando operativo congiunto per la lotta a Daesh».

IL COORDINAMENTO
La Guardia presidenziale è il primo nucleo di un esercito libico, mentre la presenza di un nemico come Daesh (l'Isis) segnala il problema di un coordinamento con Bengasi. «Il focus è sulla sicurezza», conferma il Dipartimento di Stato Usa.

Si scontrano le milizie dell'Isis e quelle di Misurata vicine a Tripoli per il controllo di Abu Grein, mentre i jihadisti di Derna si preparano a sostenere l'offensiva del generale Haftar a Est. A Vienna va in scena la diplomazia. In Libia la guerra.

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