Migranti, guardia costiera libica: le Ong agevolano le partenze

Migranti, guardia costiera libica: le Ong agevolano le partenze
di Valentina Errante
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Sabato 6 Maggio 2017, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 13:00

ROMA Adesso a puntare il dito contro le organizzazioni non governative è il capo della Guardia costiera libica per la regione centrale, Rida Aysa, che accusa le Ong attive nel Mediterraneo di fare credere ai migranti che verranno comunque soccorsi in mare. Parole, riferite all'agenzia Adnkronos, che suscitano parecchi dubbi in Italia, a causa del ruolo poco attivo delle autorità locali nell'azione di contrasto alle partenze. Intanto emergono altri dettagli sull'inchiesta dei pm di Trapani su una ong, accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

L'ACCUSA
Aysa, nel corso dell'intervista, parla di «centinaia di migliaia di migranti clandestini» pronti a imbarcarsi per l'Europa ed esprime «irritazione» verso «le organizzazioni presenti nel Mar Mediterraneo» che pubblicizzando la loro missione umanitaria per salvare i migranti «hanno dato loro ad intendere che saranno inevitabilmente soccorsi e questo ha aggravato la crisi, aumentandone il numero». Secondo il funzionario libico queste circostanze sarebbero già state comunicate all'Ue, ma finora non sarebbero state «prese misure al riguardo». Aysa ricorda l'episodio di un «gommone tedesco fermato a nord di al-Zawiyah (30 chilometri a ovest di Tripoli) che poi si è rivelato di proprietà di Sea Watch e il caso di «una nave allontanata con alcuni colpi di avvertimento per aver violato le acque territoriali libiche», apparteneva a Medici senza Frontiere.
Il sospetto è che le dichiarazioni di Aysa siano uno strumento di pressione sull'Europa per ottenere mezzi e, soprattutto armi che, attualmente, non sono previste nell'accordo tra l'Ue e la Libia.

LE RICHIESTE
Le prime due motovedette, che imbarcheranno personale libico formato dall'Europa sono già arrivate, entro giugno se ne aggiungeranno altre otto. Ma le dichiarazioni di Aysa vengono lette anche come una sorta di exit strategy rispetto alle pesanti accuse mosse alla Libia davanti alla commissione Difesa del Senato dal comandante generale delle Capitanerie di Porto, Vincenzo Melone, e, in commissione Schengen, dal capo del reparto Piani e operazioni della Guardia costiera, Nicola Carlone. «La Libia - ha sostenuto Melone - non ha mai dichiarato l'area Sar (Area di ricerca e soccorso) quando finisce l'area di responsabilità italiana c'è solo un enorme buco nero. Ecco allora che l'area di competenza italiana si amplia dai 500 mila chilometri quadrati previsti dagli accordi a un milione e centomila chilometro quadrati, praticamente la metà del Mediterraneo». Per Carlone, invece, «La Guardia costiera libica è unicamente quella che dipende dal governo ufficialmente appoggiato e riconosciuto dalla Comunità internazionale e che comunque non controlla realmente tutta la fascia costiera della Tripolitania. È noto, infatti, che singoli settori operino più o meno in modo autonomo e con finalità non sempre chiare: la zona di Zawiya è stata interessata da diversi discutibili episodi e anche dal sospetto di dirette collusioni delle autorità locali nel traffico di migranti».

L'INCHIESTA
Intanto, emerge che sarebbe nata da una rissa l'inchiesta della procura di Trapani che vede i responsabili di una ong indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La lite sulla nave tra membri dell'equipaggio sarebbe stata sedata dalla polizia. Alcuni marinai, sentiti dagli investigatori, avrebbero poi raccontato di affari illeciti dell'organizzazione.

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