Libia, Italia pronta a missione militare: ma sarà solo un intervento di supporto

Libia, Italia pronta a missione militare: ma sarà solo un intervento di supporto
di Marco Conti
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Venerdì 26 Febbraio 2016, 11:18 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 15:40

«Eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche». Due ore al Quirinale, per discutere con Sergio Mattarella della «situazione in Libia» con riferimento «al travagliato percorso di formazione del governo di Accordo Nazionale» ed escludere qualunque iniziativa solitaria delle nostre forze armate. Libia, Iraq e libro bianco della difesa i temi della riunione del Consiglio Supremo di Difesa convocata giorni fa dal Capo dello Stato e alla quale hanno preso parte il premier Renzi, i ministri Gentiloni, Pinotti, Padoan e Guidi nonché il capo di Stato maggiore della Difesa generale Claudio Graziano, il generale e segretario del Consiglio, Rolando Mosca Moschini, e il sottosegretario Claudio De Vincenti.

ADDESTRARE
I timori sulla soluzione del rompicapo libico emergono dal comunicato finale che definisce «travagliato» il percorso di formazione del governo di Fayez al-Serraj. Si confida nella riunione di lunedì che dovrebbe portare il parlamento di Tobruk a votare la fiducia, ma senza farsi illusioni. Nell'attesa, che ormai dura da settimane, si ribadisce la linea italiana, la stessa che il ministro Pinotti aveva ribadito in mattinata parlando a Canale5: «Una nazione grande come la Libia non può essere stabilizzata se non con un accordo con le forze locali». Per usare le parole di Matteo Renzi anche ieri pomeriggio è stato ribadito che «non è tempo per un intervento militare» e che l'Italia è pronta a dare una mano solo dopo l'insediamento e la richiesta del governo libico. Un aiuto per addestrare e mettere in sicurezza il Paese che l'Italia intende fare con diciannove paesi.

Buttarsi in una guerra con la stessa formazione del 2011 (ovvero insieme e francesi e britannici) è stato valutato «oltremodo pericoloso» sia per l'estensione della Libia che vanta un territorio sei volte l'Italia e in gran parte desertico, sia per la lotta armata in corso tra le varie tribù ed etnie supportate in vario modo dalle potenze locali e tutte armate sino ai denti. Interrompere il flusso di denaro che alimenta la guerra è stato considerato obiettivo da continuare a perseguire bloccando il traffico degli scafisti e mettendo fuori uso le raffinerie del califfato. Nel comunicato finale si legge anche che sono stati valutati gli impatti «sugli scenari di crisi e sulla sicurezza energetica italiana ed europea dell'andamento dei mercati degli idrocarburi». Nella zona di Sabratha, vicino al complesso petrolifero di Mellitah dell'Eni e della libica Noc, sono da tempo presenti forze speciali italiane a protezione dei lavoratori italiani. La zona è infestata da bande armate che hanno tentato l'assalto e che potrebbero essere le stesse che hanno in mano i tecnici della Bonatti rapiti lo scorso luglio.

SPECIALI
Anche di questo si è parlato ieri al Quirinale, come delle persistenti pressioni francesi per un intervento militare simile a quello che nel 2011 portò alla caduta di Gheddafi. Gli interessi della Francia nella regione del Fezzan, come le ambizioni egiziane sulla Cirenaica, sono noti al governo italiano, ma ieri si è fatto riferimento più volte a dichiarazioni del ministro degli Esteri Laurent Fabius secondo il quale in Libia la priorità è la creazione di un governo di unità nazionale e non è nei piani di Parigi un intervento contro il Daesh in Libia. Affermazioni che non sarebbero contraddette dalle notizie pubblicate di recente da Le Monde in quanto gli interventi in corso da parte di unità speciali francesi sarebbero limitate e per colpire obiettivi precisi e molto circoscritti. Sinora Fabius sarebbe riuscito a contenere le voglie interventiste del collega della difesa Le Drian, ma il tempo stringe per l'avanzare del califfato. Ciò potrebbe costringere l'Onu ad una nuova risoluzione anche se l'ipotesi di una spartizione della Libia, ad opera di potenze ex coloniali, sembra essere l'argomento giusto per riunire le diciassette tribù libiche - più l'Isis - nella lotta contro ”gli invasori”.

TELEFONO
L'analisi compiuta ieri durante la riunione ha portato quindi alle conclusioni che lo stesso Mattarella aveva tratto al termine del colloquio con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama al termine dell'incontro alla Casa Bianca. Ieri sera è toccato a Renzi parlare al telefono con Obama per ribadire - come sostengono a palazzo Chigi - «la storica amicizia e strettissima collaborazione tra Italia e Stati Uniti», non scalfita dalla vicenda delle intercettazioni effettuate dalla Nsa americana ai danni di Silvio Berlusconi e molto utile a ridosso dell'incontro che Renzi avrà oggi a Roma con il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker.

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