Lady Diana, 20 anni dalla morte della principessa triste: «Troppi misteri nell'incidente»

Lady Diana, 20 anni dalla morte della principessa triste: «Troppi misteri nell'incidente»
di Francesca Pierantozzi
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Martedì 29 Agosto 2017, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 30 Agosto, 13:26

Riposa in pace Henri, i tuoi amici non ci cascano: strana scritta per una corona mortuaria. Era il 21 settembre 1997, nella chiesa di Lorient, in Bretagna. Poca gente al funerale. Nella bara, semplicissima, di legno scuro, il corpo di Henri Monsieur Paul, morto tre settimane prima, a 41 anni, sotto il tunnel dell'Alma, accartocciato tra le lamiere di una Mercedes finita contro il tredicesimo pilastro. Venti anni dopo, nessuno ci vorrebbe cascare, crederci è ancora difficile. Eppure alla fine l'unico colpevole ufficiale è lui, Monsieur Paul, l'autista. La principessa Diana è morta in un incidente stradale provocato da un ubriaco imbottito di Prozac che ha imboccato un sottopassaggio a più di 160 chilometri orari. Niente complotti, niente misteri nelle diecimila pagine dell'inchiesta francese e nelle altre seimila di quella britannica.
Eppure i misteri resteranno, come quel graffio che pare sempre di indovinare sul pilastro sotto il tunnel dell'Alma, e poco importa che tutto sia stato rifatto, ridipinto, ricoperto da anni, il graffio (ma non è un po' rosso?) è ancora lì. Lo ha capito anche Jean Michel Caradec'h, giornalista francese che a quell'incidente ha dedicato anni di inchieste e libri. «È un caso che non si chiuderà mai». Troppo difficile che la storia dell'ultima Principessa della storia sia finita per due Pastis mischiati a uno psicofarmaco da un autista che la mattina aveva giocato a tennis e che, giurano gli amici, beveva solo Coca Light. È il primo mistero, il primo dubbio: Henri Paul era davvero ubriaco quando salì al volante della Mercedes a mezzanotte e venti del 31 agosto 1997? Accanto a lui la guardia del corpo Trevor Rees-Jones (unico con la cintura di sicurezza, unico a salvarsi, anche se con la mascella frantumata e la lingua tagliata) dietro, Diana e Dodi al Fayed.

LA GIORNATA
Era stata una giornata assurda. Diana e Dodi erano arrivati a Parigi dalla Sardegna su un jet privato poco prima delle 15. I paparazzi italiani che avevano immortalato il famoso bacio sullo yacht, il primo di Diana dopo il divorzio da Carlo, avevano avvertito i colleghi francesi. La fuga dai fotografi era cominciata subito. Dodi avrebbe voluto portarla a scegliere l'anello di fidanzamento da Alberto Repossi sulla place Vendome: aveva rinunciato. Si farà portare il gioiello (nome: Dis-moi oui!, Dimmi sì) al Ritz alle 18. Ma allora si stavano per sposare? Ma allora è vero che gli inglesi li volevano ammazzare, per evitare che un musulmano diventasse il padrigno di un futuro re? L'anello lo pagherà l'indomani il padre di Dodi, Mohamed al Fayed, allora proprietario del Ritz e di Harrod's, dopo aver pianto sul corpo del figlio all'obitorio della Pitié Salpetrière: 1,2 milioni di euro.

La Mercedes S-280. Altro mistero: era un mezzo catorcio, com'è possibile che fosse finita nella scuderia del Ritz? Gli altri autisti non ne volevano sapere: sopra i 60 non teneva più la strada e tendeva a sbandare dietro. Caradec'h ne ha ricostruito la storia: acquistata nel '93 da un famoso pubblicitario, era stata rubata, ritrovata dopo qualche settimana in mezzo a un campo vicino all'aeroporto di Roissy. Doveva essere rottamata, invece era tornata, non si capisce riparata da chi, sul mercato, venduta da una prestigiosa concessionaria alla società di autonoleggio Etoile Limousine che riforniva il Ritz. Era stata portata in officina 14 volte ma continuava a non andare.

Lo ha visto bene l'unico testimone oculare dello schianto. Perché ci fu un testimone: era alla guida di una Fiat Uno bianca che alle 00:22 del 31 agosto 1997 aveva appena imboccato il tunnel dell'Alma a 50 chilometri orari. La Mercedes lo sorpassa, lo sfiora abbastanza da far saltare lo specchietto, poi la Mercedes sbanda, frena, prende il terzo pilastro, continua una corsa impazzita, frena di nuovo, finisce per sempre sulla tredicesima colonna di cemento. Alla guida della Fiat c'è un ventenne franco-vietnamita. Terrorizzato, scappa via. La polizia lo ha ritrovato dopo due mesi ma non rivelerà la sua identità per salvarlo dall'assalto dei media. Era lui il mistero della vernice bianca ritrovata sulla fiancata della Mercedes.

L'ARCHIVIAZIONE
Ma allora fu tutta colpa dei paparazzi? Erano almeno in dieci, su moto e macchine, a seguire la Mercedes in quella folle corsa. Furono indagati per omissione di soccorso. Da nessuno di loro, là sotto al tunnel, mentre Diana muoveva il braccio destro gemendo, Oh my God Oh my God, è partita una telefonata ai soccorsi. Partivano però i flash. Cinque scatti furono venduti nella notte in quattro Paesi per sei milioni di euro. Saranno ritirati all'alba, dopo l'annuncio della morte della principessa. L'inchiesta però li scagionerà: non fu colpa loro. E anche le accuse di complotto lanciate da Al Fayed padre, disperato: l'ultima archiviazione è di poco tempo fa, quando è stato giudicato del tutto fantasioso il racconto degli ex suoceri di un militare britannico che avevano parlato di una squadra di tiratori scelti dell'unità di élite Sas partita per Parigi apposta per eliminare la principessa.

E anche i test effettuati sul corpo di Monsieur Paul (almeno tre) confermeranno che aveva nel sangue un tasso alcolico tre volte superiore alla norma e un mix di antidepressivi, anti-alcol e calmanti. Niente, fu solo un terribile incidente. L'unica verità alla fine è scritta nel referto del professor Bruno Riou. Diana principessa triste morì col cuore spezzato. Da una costola. Ora del decesso: 4,05.

 
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