La sconfitta del diritto e la vita di un bambino

di Cesare Mirabelli
3 Minuti di Lettura
Sabato 1 Luglio 2017, 00:05
È un diritto triste quello che dispone la fine della vita di un bambino interrompendo il sostegno vitale che gli è necessario e sedandolo per accompagnarlo alla morte.

Un diritto che, al senso comune, appare tanto più crudele se confrontato con la tenace volontà dei genitori di offrire al loro figlio una opportunità di cura sperimentale in un altro pur remoto centro sanitario. Non si consente forse di praticare nuove terapie compassionevoli quando la sperimentazione clinica non dà ancora certezze e può essere, al limite, la cura dannosa o letale? Ma vale la pena correre ogni rischio in situazioni altrimenti prive di speranza?
<HS9>Nel caso del piccolo Charlie la soluzione è stata diversa, imposta all’esito di un percorso giudiziario, contro la volontà dei genitori che hanno contrastato ogni atto che avesse come effetto di porre fine alla vita del loro piccolo. C’è da domandarsi quali diritti sono in gioco.

Anzitutto il diritto alla vita ed alla salute che nella vita ha il suo presupposto. Lo prevedono le costituzioni, le convenzioni internazionali sui diritti umani ed ancor prima acquisizioni di civiltà e tradizionali regole di deontologia medica. <HS9>I trattamenti sanitari devono rispettare la dignità della persona. Non possono essere imposti contro la volontà di chi ha diritto di esprimerla ma non possono neppure essere sottratti e non praticati. È questo il tema in discussione nel nostro Parlamento e le modalità previste dalla nuova disciplina possono richiedere ancora qualche adeguata calibratura nel delineare il rapporto tra medico e paziente.

<HS9>Per i figli minori è dei genitori la responsabilità di esprimere la volontà che deve essere tutelata e che deve essere orientata alla tutela della vita e della salute del minore. Rimangono esclusi l’accanimento terapeutico, gli interventi di trattamenti futili, la loro palese inappropriatezza. <HS9>Ma ci sono altri, siano essi medici o anche giudici che possono dire al posto dei genitori che è meglio lasciar morire un bambino sottraendo il sostegno vitale anziché farlo soffrire in una prospettiva di vita breve e senza speranza ? <HS9>Non è questa una resa che ha il sapore dell’abbandono in un momento di straordinaria difficoltà? II caso giudiziario del piccolo Charlie sarà archiviato esauriti tutti i ricorsi agli organi giudiziari.

Ma il caso rimane aperto nel sentire collettivo, e sembra non ancora definitivamente e irrimediabilmente chiuso.
Le autorità inglesi hanno differito l’attuazione delle procedure sanitarie previste alle quali sarebbe inevitabilmente seguita la morte per dar tempo ai genitori di svolgere fino in fondo la loro funziona di protezione del loro bambino. Confidiamo che questo porti ad una migliore ponderazione da parte di tutti coloro che ancora hanno titolo in questa vicenda su quale sia il preminente interesse del minore che difficilmente può essere la morte e non invece di vita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA