Jihadista uccide la madre in strada: la donna voleva convincerlo a lasciare l'Isis

Jihadista uccide la madre in strada: la donna voleva convincerlo a lasciare l'Isis
di Federica Macagnone
3 Minuti di Lettura
Sabato 9 Gennaio 2016, 15:50 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 10:51
L'ha trascinata in strada e l'ha uccisa per aver tentato, con il cuore in mano, di salvarlo dallo Stato islamico: aveva chiesto al figlio di lasciare il gruppo terroristico, di tornare alla sua vita normale, ma lui, di contro, l'ha ammazzata tacciandola di apostasia, il “reato” dietro al quale si nascondono molte esecuzioni dello Stato islamico.

La storia arriva da Raqqa, città nel nord della Siria, roccaforte dell'Isis, quasi costantemente sotto il fuoco dei bombardamenti aerei russi e della coalizione guidata dagli Stati Uniti: la denuncia arriva dal gruppo “Raqqa viene massacrata in silenzio” che, da quando la città è sotto il dominio del Califfato, continua a documentare le atrocità. Questa volta il protagonista è un ragazzo di 21 anni, Ali Saqr al-Qasem che ha giustiziato la madre, Lina Qassem, 35 anni, in piazza: secondo quanto riporta il gruppo, la donna è stata trascinata in strada davanti all'ufficio postale dove lavorava ed è stata lapidata davanti a un gruppo di persone che si era fermato per assistere all'esecuzione.

In un primo momento era emerso che la donna era stata uccisa perché riconosciuta colpevole di spionaggio per conto della coalizione anti-Isis guidata dagli Usa. Successivamente, gli attivisti hanno riferito che l'accusa formale era di apostasia, il “reato” di cui si macchia chi rinnega l'Islam. In un'altra versione dei fatti si narra di una «furiosa discussione» tra la donna e il figlio, con la madre che avrebbe chiesto al ragazzo di lasciare l'Isis accusando il movimento jihadista di non seguire il vero Islam. Potrebbe essere questo il motivo per cui la donna è stata considerata apostata. Altre fonti affermano che è stata uccisa perché alawita, la branca dello sciismo a cui appartengono i clan al potere in Siria da circa mezzo secolo. Secondo questa versione, Lina Qassem non era originaria di Raqqa - città a maggioranza sunnita - bensì veniva da Jabla, roccaforte alawita sulla costa mediterranea.

A Raqqa da giorni si respira un'aria di fortissima tensione. In due giorni i raid russi hanno mietuto oltre 13 morti tra i civili, secondo gli attivisti locali. Il tutto mentre le milizie curde tentano di avanzare da nord, nel distretto di Ayn Issa, sostenute con armi e bombardamenti aerei dagli Stati Uniti. Gli stessi attivisti, che in città tentano di monitorare le violazioni commesse dai jihadisti, sono spesso indicati come «spie» degli americani. Nelle settimane scorse a Manbij, cittadina oltre l'Eufrate controllata dall'Isis, si sono svolte inedite manifestazioni popolari contro la decisione dei jihadisti di inviare ragazzi al fronte. A Manbij, come altrove, l'Isis teme una rivolta popolare sull'onda dei successi militari dei curdi. È in questo clima che nei giorni scorsi a Raqqa è stata uccisa dall'Isis Ruqia Hassan, una giovane giornalista tra le poche donne a tentare di lavorare come reporter clandestina in città, ma messa a tacere per sempre dai jihadisti. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA