Juncker: «L’Italia ora è stabile, avrà ancora flessibilità»

Juncker: «L’Italia ora è stabile, avrà ancora flessibilità»
di Antonio Pollio Salimbeni
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Giovedì 14 Settembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 19:26

La Commissione europea continuerà ad applicare le regole sui bilanci pubblici in modo flessibile e intelligente anche per il 2018. Parola di Jean-Claude Juncker. In quale misura si vedrà, è materia di negoziato tra Roma e Bruxelles, ma è certo che la strada dell’interpretazione flessibile del patto di stabilità resta aperta anche se l’economia va meglio nella zona euro e in Italia. Disciplina di bilancio sì, ma «attenti a non uccidere la crescita economica». Ecco il messaggio all’Italia espresso nel corso di un’intervista ad alcune testate europee, Il Messaggero per l’Italia, nel giorno in cui il presidente della Commissione ha presentato il suo manifesto politico per dare una sterzata alla Ue. Con un’aggiunta: Juncker dichiara di non essere preoccupato per la stabilità politica dell’Italia.

Presidente, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione ha ribadito che la disciplina di bilancio non deve danneggiare la crescita: l’Italia ha deciso di ridurre il deficit strutturale dello 0,3% del Pil invece dello 0,6% come prescrivono le regole del patto di stabilità: lo ritiene fattibile?
«Negli ultimi anni abbiamo applicato le regole del patto di stabilità in modo intelligente perché non volevamo danneggiare la crescita: questo non è un imperativo per il futuro, la mia è stata una descrizione del passato…»

E in futuro che cosa dobbiamo aspettarci per l’Italia dalla Commissione?
«Il futuro sarà… il passato. Adesso spetta all’Italia valutare tale fattibilità e sta alla Commissione dare un giudizio attento del piano che il governo ci sottoporrà. È chiaro che dobbiamo prima analizzare il passato e con il commissario Moscovici abbiamo messo in piedi una strumentazione per la flessibilità a favore dell’Italia. In questo modo l’Italia ha potuto spendere vari miliardi nel 2015, nel 2016 e anche nel 2017 e non avrebbe potuto farlo se la Commissione non avesse introdotto quel sistema. Per questo non si deve dire agli italiani che la Commissione è stata troppo rigorosa con l’Italia. Non dico che siamo stati generosi, ma certamente abbiamo applicato le regole sui bilanci pubblici in modo diverso dal modo in cui erano state applicate nel passato. Sul piano generale posso dire che i risultati sono chiari: abbiamo portato i deficit pubblici nella Ue dal 6,6% all’1,6% e ciò grazie all’applicazione intelligente del Patto di stabilità. Ha funzionato molto bene nell’Unione nonostante le critiche: questo ho detto in Parlamento».

In primavera da noi si andrà al voto, è preoccupato per la stabilità politica italiana?
«No, non sono preoccupato».

Lei ha chiesto ai governi un salto di qualità radicale per l’Eurozona, di passare rapidamente dalle discussioni alle decisioni.
«Ho spiegato ai parlamentari che l’economia va meglio, la crescita nella Ue ha superato negli ultimi due anni quella negli Usa, la disoccupazione è al minimo da nove anni e dal 2014 sono stati creati otto milioni di posti di lavoro. Insomma, abbiamo di nuovo il vento in poppa e c’è una finestra di opportunità che non resterà aperta per sempre, il momento va colto, ci sono 16 mesi di tempo per compiere progressi concreti. Abbiamo riparato il tetto, ora il lavoro va completato. Ma per rafforzare l’Unione monetaria occorrono diverse cose: va trasformato il Meccanismo europeo di stabilità in Fondo monetario europeo: a dicembre presenteremo la proposta. C’è bisogno di un ministro europeo dell’economia e delle finanze che promuova le riforme strutturali. Per essere efficace dovrebbe assumere il ruolo sia di commissario agli affari economici, come vicepresidente della Commissione, sia di presidente dell’Eurogruppo, responsabile di fronte al Parlamento europeo. Poi ci vuole un bilancio della zona euro».

Un bilancio separato?
«No, un bilancio che resti nell’ambito del bilancio Ue e serva per assistere gli Stati impegnati nelle riforme strutturali, per la stabilizzazione economica, come backstop (un salvagente di ultima istanza, ndr) per l’Unione bancaria. Non solo: sarebbe uno strumento per aiutare gli Stati che non fanno parte dell’area monetaria unica a entrarvi. Per unire l’Europa, l’euro deve diventare qualcosa più di una valuta di un gruppo selezionato di paesi. Quanto alla dimensione parlamentare, non mi piace l’idea di avere un Parlamento della zona euro separato, niente strutture parallele. In due parole: il Parlamento della zona euro sia il parlamento europeo. Infine l’aspetto sociale: ho proposto un’Autorità europea del lavoro perché è assurdo avere un’autorità bancaria che sovrintende alle norme bancarie e non avere un’Autorità del lavoro comune, garante dell’equità nel mercato unico. Lo faremo, non possono esserci lavoratori di seconda classe: a parità di lavoro nello stesso posto, la paga deve essere uguale. Ciò introduce il mio sesto scenario di evoluzione della Ue. Penso a una Unione che si fondi su tre principi: libertà, eguaglianza e Stato di diritto».

L’idea di un superministro Ue si accompagna alla proposta di non avere più due teste alla guida delle istituzioni Ue, una per il Consiglio e una per la Commissione: è una scelta di ulteriore centralizzazione?
«Più democrazia significa più efficienza e sono convinto che l’Europa funzionerebbe meglio fondendo le due presidenze di Commissione e Consiglio europeo: l’Europa sarebbe più facile da spiegare se ci fosse un solo capitano a guidare la nave e un solo presidente rifletterebbe meglio la vera natura dell’Unione europea che è unione di Stati e unione di cittadini».

Nel discorso sullo stato dell’Unione ha chiesto che la Ue decida, superi la paralisi dei veti, usi le clausole-ponte che permettono di votare a maggioranza qualificata e non all’unanimità.
«Sì, ho detto chiaro e tondo che sono a favore del passaggio alla maggioranza qualificata per una serie di decisioni come le norme sulla base imponibile consolidata per le società, la webtax e l’imposta sulle transazioni finanziarie».

Il suo omaggio all’Italia per quanto sta facendo per i migranti è stato accolto con un grande applauso, ma l’Italia si sente sempre abbastanza sola su questo fronte.
«In effetti l’Italia sta davvero salvando l’onore dell’Europa nel Mediterraneo e continueremo a sostenere operativamente e dal punto di vista finanziario il vostro paese. Voglio ribadire che nonostante le valutazioni contrastanti su questo, abbiamo fatto dei progressi solidi, anche se i risultati sono insufficienti. Il numero dei morti nel Mediterraneo è stato ridotto in misura considerevole, tuttavia i morti in mare quest’anno sono stati 2.500. Ed è un fatto che la solidarietà non è condivisa in modo equo tra gli Stati Ue. Sono molto preoccupato per le posizioni di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca sui rifugiati: è in corso la procedura di infrazione a loro carico e vedremo che decisioni prenderanno quei governi. Quanto alle condizioni dei migranti in Libia ribadisco che l’Europa ha una responsabilità collettiva, le condizioni inumane nei centri di detenzione o di raccolta sono uno scandalo. Nello stesso tempo dobbiamo lavorare sulle condizioni legali dell’immigrazione perché quella irregolare non può essere fermata se non ci sono, appunto, alternative legali. L’ho detto e lo ripeto: la migrazione legale per l’Europa, un continente vecchio, è una necessità».

Un pensiero sulla Brexit.
«Il giorno dell’uscita del Regno Unito dalla Ue sarà molto triste, un evento tragico, ce ne rammaricheremo sempre, tuttavia non possiamo fare altro che rispettare ciò che hanno deciso i britannici. I britannici lo rimpiangeranno presto».

Nel discorso di ieri, Juncker ha avuto anche una battuta sul caso vaccini: «Non è possibile che nella Ue muoiano ancora bambini a causa di malattie evitabili: in Romania e in Italia si deve accedere alle vaccinazioni senza se e senza ma».
 

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