Una coltre di mistero continua ad avvolgere il destino di Greta Ramelli e Vanessa Maerzullo, le due giovani italiane scomparse nel nord della Siria a fine luglio e per la prima volta riapparse dopo cinque mesi in un video pubblicato su internet nella notte di Capodanno.
Sono troppe le voci non confermate e troppo poche invece le certezze in possesso degli analisti che in queste ore tentano di fare chiarezza su una vicenda che sembra essere entrata nella sua fase più delicata, forse decisiva. Secondo fonti informate le due ragazze sono rimaste nella regione dove sono state rapite queste estate: a sud-ovest di Aleppo, nella campagna di Abizmu, una zona fuori dal controllo sia delle truppe del regime che dei miliziani della Jabhat an Nusra (l'ala siriana di al Qaida), ma dove i qaedisti «si muovono comunque con facilità».
Di ieri la notizia, basata solo su una testimonianza non verificabile di un sedicente membro della Nusra, che le due italiane sarebbero in mano del gruppo estremista.
«La Nusra non è un gruppo chiuso e monolitico ma riceve affiliati da altri gruppi a seconda delle circostanze della guerra in corso», raccontano fonti siriane della regione di Aleppo. «Chi oggi non è Nusra, domani può diventarlo. E dopodomani rinnegare l'appartenenza e mostrarsi come un moderato». Le fonti informate, dal canto loro, non escludono che il video pubblicato su internet poteva servire in origine per dimostrare alle autorità italiane la prova in vita di Ramelli e Marzullo. E che successivamente è stato reso pubblico dai rapitori per «alzare il prezzo del riscatto».
Il video-messaggio, affermano le fonti, sembra esser stato volutamente drammatizzato per alzare l'attenzione sulla loro sorte e mettere sotto pressione l'Italia. Fonti siriane affermano che «la minaccia di eliminare i prigionieri è strumentale ai negoziati. Perchè dovrebbero uccidere due occidentali che valgono oro?». Nei mesi scorsi, la stampa libanese ben informata e vicina al regime di Damasco aveva scritto che le due giovani erano «state attirate a Abizmu» nell'ambito di un piano preordinato per rapirle e chiedere un riscatto. Secondo le fonti citate allora dai media di Beirut, Ramelli e Marzullo «da tempo erano in contatto con attivisti della zona». Uno di loro le avrebbe adescate e spinte a fidarsi di lui nel corso di alcuni viaggi effettuati dalle ragazze nell'area di Aleppo. Il tutto a scopo di lucro. E senza moventi politici, ideologici o confessionali.