Appresa la sentenza, Ben David si è rivolto ai genitori del sedicenne Muhammad Abu Khdeir da lui bruciato vivo, chiedendo loro perdono. «Ho sempre avuto rispetto per gli esseri umani - ha detto; - ho raccolto i resti sia di ebrei sia di musulmani quando lavoravo per Zaka», l'organizzazione rabbinica che presta primi soccorsi nelle aree che sono teatro di attentati o di gravi incidenti. «Ma soffro di problemi mentali, in quel momento non comprendevo le mie azioni». I genitori della vittima gli hanno subito replicato che ai loro occhi resta «un assassino, un razzista» e che pertanto «merita la pena di morte».
La pubblica accusa aveva chiesto per Ben David una pena record di 60 anni di reclusione: 12 per il fallito tentativo di sequestro di un altro ragazzino palestinese, il giorno prima del delitto; 20 per il rapimento di Abu Khdeir; altri 25 per l'omicidio; e altri tre ancora per aver incendiato automobili palestinesi in occasioni diverse.
Ad ogni modo la sentenza pronunciata dai giudici (l'ergastolo più 20 anni suppletivi, più un risarcimento di 150mila shekel,circa 35.000 euro) viene a rendere più remota la possibilità che Ben David possa un giorno beneficiare di una grazia. Perchè anche in quel caso dovrebbe ancora scontare comunque altri 20 anni di detenzione. L'uccisione di Abu Khdeir avvenne nel luglio 2014, come ritorsione di Ben David e di due suoi complici per il rapimento e l'uccisione da parte di una cellula di Hamas in Cisgiordania di tre adolescenti ebrei, i cui corpi furono pure arsi.
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