Orlando, massacro Isis nel club dei gay: «Un inferno di sangue e grida, sparava raffiche contro tutti»

Orlando, massacro Isis nel club dei gay: «Un inferno di sangue e grida, sparava raffiche contro tutti»
di Roberto Romagnoli
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Lunedì 13 Giugno 2016, 07:18 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 08:11

ROMA - Fino a ieri dispensava notti indimenticabili per divertimento e fantasia. Il Pulse si presentava sulla sua pagina Facebook come il «bar gay più bollente di Orlando», come il regno di «liberazioni tentatrici». Ma ora il civico al 1912 di South Orange Avenue è diventato un indimenticabile regno dell'orrore.
 

 

L'URLO DISPERATO
Centinaia di persone affollavano i locali del locale immersi in una festa latina che li avrebbe dovuto accompagnare fino all'alba. Ma chiacchiere, balli, bevute e risate alle 2 di domenica si sono fermate di schianto davanti all'urlo diffuso dagli altoparlanti: Fuggite tutti quanti dal Pulse, svelti». Pochi istanti prima si era materializzato nel bar Omar Seddique Mateen con in pugno una pistola, un fucile d'assalto e un presunto ordigno. «Ho sentito bang, bang, bang è stato terrorizzante» ha raccontato Chrstopher Hansen, uno degli assistenti alla festa. «Spari in rapida successione duranti il tempo di un'intera canzone».

Stesse parole Da parte di Anthony Torres, un altro assistente. «Mentre fuggivo udivo i colpi a raffica. Quel suono tremendo non finiva mai. Abbiamo subito capito cosa stesse succedendo e mentre conquistavamo la strada abbiamo visto arrivare decine di auto della polizia». «Stavo bevendo una birra quando ho visto la gente colpita cadere a terra - dice Luis Burbano - C'era sangue dappertutto».

Rifugiatosi in un bagno del bar-discoteca il giovane Martin si attacca al cellulare e invia un disperato messaggio su Whatsapp alla mamma: «Mamma ti voglio bene, stanno sparando qui al Pulse. Sono rinchiuso nel bagno, chiama la polizia, rischio di morire».

Ricardo Negro Almodovar, una volta messosi in salvo è fuggito a casa, ha acceso il computer, è entrato nella sua pagina Facebook per far sapere che «sono a casa, sono salvo e spero che tutti gli altri che so trovavano al Pulse possano fare altrettanto. Chi si trovava sulla pista da ballo o nei pressi del bar - racconta Ricardo ricordando l'inizio della sparatoria - si è gettato a terra. Io e altri che eravamo più vicini alle uscite di emergenza prima ci siamo gettati in terra poi in una breve pausa degli spari ci siamo alzati e abbiamo corso verso le uscite». José Torres si trovava in un Dunkin' Donuts sull'altro lato di South Orange Avenue quando ha cominciato a sentire gli spari. «Prima non mi er mai successo, sono corso all'interno del locale e attraverso la vetrina ho visto la gente uscire dal Pulse gridando e piangendo a dirotto, alcuni sanguinanti, il terrore dipinto sui loro volti. Ho chiamato con il cellulare il 911 ma già stavano arrivando i corpi speciali. Ci hanno detto di restare tutti dentro al locale».

MESSAGGI SUI CELLULARI
«Alcuni di noi - racconta Rosie Feba - in un primo momento hanno pensato che gli spari fossero parte della festa, che si trattasse di un disco. Ma sono bastati pochi istanti per capire che la morte era entrata al Pulse. La gente è fuggita calpestando chi era sdraiato in terra, soprattutto ragazze. E' stato devastante». Durante le tre ore trascorse tra l'inizio della sparatoria e l'irruzione delle forze speciali che hanno ucciso Omar Seddique Mateen, la paura e la speranza di uscirne vivi si sono inseguite sui cellulari di chi era in trappola nascosto da qualche parte e chi invece era riuscito a mettersi in salvo. Sono sotto shock. Mio dio è stato terribile. Voi state bene, siete feriti? Sono fuggito da una porta sul retro con altri del mio gruppo. Dite alla mia famiglia che non sono ferito, spero solo di uscire vivo da qui.

Nel frattempo all'esterno del Pulse, seppur tenuti a debita distanza dal cordone di polizia, affluivano amici e familiari. Da lontano assistevano ai soccorsi ai primi feriti, provavano a riconoscere qualcuno. Consumando, mani tremanti e occhi annebbiati dalle lacrime, i tasti dei cellulari per cercare di capire cose stesse riservando il destino.

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