Dall'esame dei casi di una sessantina di foreign fighter sono emerse le motivazioni che inducono i combattenti occidentali alla retromarcia: oltre al timore dei raid aerei e la delusione rispetto a quello che avevano immaginato, ci sono anche la corruzione dei dirigenti locali, altri abusi o, più semplicemente, la noia.
«Sono convinti che la fine sia iniziata e molti di loro stanno cominciando a inviare messaggi per trovare il modo di andare via - ha detto a France Presse Didier Le Bret, coordinatore dei servizi di intelligence francese - La situazione è ormai critica. Tante persone stanno cercando di tornare indietro, tra loro moltissimi nostri connazionali. Preferiscono il carcere a vita in Francia, piuttosto che una fine atroce in Siria o Iraq».
Secondo il direttore dei servizi di sicurezza francesi, Patrick Calvar, «a metà maggio 244 persone erano tornate dalla zona siro-irachena in Francia. Stiamo vedendo che che c'è un maggior numero di jihadisti intenzionati a ritornare sul nostro territorio. Spesso, tuttavia, questi uomini sono ostacolati dalla politica di Daesh che considera questi soggetti come traditori da giustiziare immediatamente».
Chi è intenzionato a fuggire sa bene che la punizione per chi verrà riacciuffato durante la fuga sarà la morte certa: purtuttavia sono circa duemila, come rivela un'inchiesta del Wall Street Journal, i foreign fighter che stanno tentando di tornare a casa impoverendo sempre più le file dello Stato islamico. Secondo le stime rese note da Lisa Monaco, consigliere del presidente Barack Obama per l'antiterrorismo, le truppe dell'Isis non supererebbero i 25mila uomini, di cui 4mila provenienti dall'Europa: circa 10mila combattenti in meno rispetto al 2015.
© RIPRODUZIONE RISERVATA