L’Iran e la Roma/ Ma la censura alla Lupa non ci spaventa

di Mario Ajello
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Venerdì 6 Aprile 2018, 00:08
Sorridere si può, e anche Romolo e Remo probabilmente lo staranno facendo. Indignarsi sarebbe invece eccessivo. La tivvù iraniana ha oscurato (pixellato, si dice in gergo) le mammelle della lupa capitolina, il simbolo, oltre a tutto il resto, della Roma impegnata l’altra sera nei quarti di finale di Champions League a Barcellona e anche dalle parti di Teheran in molti si sono goduti la partita. 
L’immagine delle mammelle è stata ritenuta troppo audace, e la pudicizia impensabile qui da noi ma tipica della loro visione del mondo, in cui la pubblica nudità fa scandalo anche se artistica, ha portato all’oscuramento. Coprire quelle parti della lupa non vale però come un’offesa, ma come una conferma. 

Fu molto criticata la decisione, due anni fa, durante la visita del presidente iraniano Rohani ai Musei Capitolini, di velare la Venere esquilina per non offendere la coscienza religiosa dell’ospite. E si trattò di una polemica sbagliata. Perché non fu affatto il segno di una presunta subalternità culturale italiana o addirittura occidentale al bacchettonismo islamico, ma solamente una forma di rispetto e di tolleranza - solo chi è forte della propria identità è capace di contemplare anche quella degli altri - verso chi è venuto in missione politico-economica a Roma e ne ha approfittato per ammirare i suoi tesori. 
Conoscendo la sensibilità dei visitatori islamici per certe immagini, quella scelta relativa alla Venere - ma quale gaffe! ma quale abiura della nostra civiltà!, come si disse - fu opportuna e lo è ancora di più alla luce dell’episodio attuale della lupa. Che naturalmente sta scatenando ironie sui social. Del tipo: «Perché la tivvù iraniana non ha cancellato anche il culo del Barcellona con la Roma?». 

Oppure: «Ci siamo persi la Persia, e ora anche le mammelle della lupa». Nessun dramma, però. Romolo e Remo, che erano due tipi rispettosi, non si staranno stracciando le vesti, vedendosi sottrarre in effigie la loro fonte di approvvigionamento, anche perché la loro e la nostra cultura è inossidabile e non può temere censure. Quello della romanità resta un messaggio più forte di un piccolo intervento occasionale e televisivo, dettato da ragioni di coscienza che non ci appartengono e mai ci apparterranno. 
Ippolito Nievo, il patriota, sosteneva che «Roma è la lupa che ci nutre dalle sue mammelle e chi non beve quel latte non s’intende del mondo». Questa grandezza la riconoscono anche gli iraniani - e fa fede la serietà e la meraviglia con cui Rohani ammirò i nostri musei - ma preferiscono non vederla completamente rappresentata. E non è un peccato.
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