Turchia, ira di Washington su Erdogan ma per ora non c'è la rottura

Turchia, ira di Washington su Erdogan ma per ora non c'è la rottura
di Flavio Pompetti
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Lunedì 18 Luglio 2016, 09:55 - Ultimo aggiornamento: 10:21
NEW YORK L'aviazione americana ha ripreso a volare dalla base turca di Incirlik, 36 ore dopo l'interdizione che era stata decretata dal governo turco in seguito al fallito golpe militare. È il primo segno di distensione tra i due Paesi, dopo le parole infiammate che avevano fatto seguito all'insurrezione di venerdì, per la quale Erdogan e i suoi principali collaboratori non avevano taciuto i sospetti di un coinvolgimento da parte dell'importante alleato d'oltreoceano. Al centro della tensione c'è la figura dell'Iman Fetullah Gulen, dal 1999 esule dalla Turchia, e rifugiato in una lussuosa quanto segreta base operativa nella campagna della Pennsylvania. Da questa residenza l'ex alleato di Erdogan, accusato poi di voler insidiare il potere del presidente turco, dirige le fila di un movimento religioso e culturale che predica la tolleranza e l'accettazione di pluralità di fedi all'interno dell'Islam sunnita. Da anni Erdogan chiede che l'amministrazione Usa ne ordini il rimpatrio, e accusa Gulen di ogni congiura nei suoi confronti, dall'insurrezione armata a brogli elettorali per ostacolare la sua ascesa.
 
 



L'INFLUENZA DI GULEN
Gli americani conoscono bene l'influenza che Gulen vanta in Turchia anche dopo 17 anni di latitanza, non solo nella società civile, ma anche presso alcuni dei settori dell'esercito che potrebbero essere stati partecipi del fallito golpe. Se gli Usa non hanno aderito in passato alla richiesta del governo alleato, è perché Gulen ha guadagnato influenza e rispetto anche in America, con l'apertura delle scuole semiprivate dedicate all'insegnamento di una dottrina islamica aperta al multiculturalismo. «L'ho detto in precedenza e torno a ripeterlo oggi - aveva detto con tono perentorio Erdogan alla televisone turca sabato - presidente Obama, ordina l'estradizione di quest'uomo subito». La risposta americana era stata data dal segretario di Stato Kerry nel corso di una telefonata al suo omologo turco Mevlut Cavusoglu: «Ogni insinuazione pubblica o denuncia di un ruolo che gli Usa avrebbero avuto nel golpe fallito, è palesemente falsa e dannosa per i nostri rapporti bilaterali». Il dipartimento di Stato era andato oltre, chiedendo all'amministrazione di Ankara «autocontrollo e misura» nello svolgimento delle necessarie indagini per appurare le responsabilità per quanto è accaduto nel paese.

La domanda formale di estradizione per Gulen non è stata ancora presentata dai turchi, e l'amministrazione americana la pretende per verificare che ci siano i presupposti legali per istruirla. Alla Casa Bianca ormai da mesi non si nasconde la delusione per le scelte di Erdogan.

 
La riapertura della base di Incirlik ai bombardieri americani che la usano ormai da un anno è comunque un segnale positivo al quale gli Usa tenevano in modo particolare. La Air Force ha dislocato nell'aeroporto militare usato anche dai russi aerei da attacco a terra A-10, droni muniti di testate e splosive, e una flotta di KC 135 da rifornimento carburante, con i quali riesce a tagliare i tempi e i costi delle operazioni anti Isis in Siria e in Iraq. Kerry ha raccontato ieri in un intervista televisiva alla Abc di aver parlato tre volte al telefono con Cavusoglu, e di aver appurato che la chiusura temporanea della base alle operazioni americane era stata decisa da Ankara perché alcuni aerei usati dagli insorti avevano fatto rifornimento a Incirlik.