Hong Kong, sullo smartphone del banchiere le immagini dell'omicidio di Halloween

Hong Kong, sullo smartphone del banchiere le immagini dell'omicidio di Halloween
di Giulia Prosperetti
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Lunedì 24 Ottobre 2016, 20:46 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 17:50
È iniziato questa mattina il processo per il duplice omicidio che, nella notte di Halloween del 2014, ha sconvolto la città di Hong Kong. Nell’udienza di questa mattina il giudice ha dichiarato che Rurik Jutting, il banchiere britannico di 31 anni accusato dell’omicidio di due ragazze indonesiane, ha filmato la brutale aggressione con il suo smartphone. 

Nel cellulare del trader che, all’epoca dei fatti, sembra fosse disoccupato e non lavorasse più per la Bank of America Merrill Lynch, sarebbero, infatti, stati trovati diversi video che documentano le torture inflitte a una delle due vittime e le sequenze dell’omicidio, oltre a migliaia di foto delle due giovani riverse a terra, senza vita. In uno dei video registrati da Jutting durante le violenze, l’uomo afferma che sta «trasformando le sue fantasie in realtà». L’uomo ha ammesso di aver ucciso le due donne ma il suo avvocato, Tim Owen, ha dichiarato all’High Court di Hong Kong che Jutting quella sera era incapace di intendere e di volere a causa di un disturbo della personalità di cui, secondo la difesa, l’imputato sarebbe affetto. Una richiesta di riduzione della condanna, da omicidio volontario a omicidio colposo, che è stata rifiutata dall’accusa. 

Era mattina presto quando, il primo novembre del 2014, Jutting ha chiamato la polizia dal suo lussuoso appartamento al trentunesimo piano di un grattacielo di Hong Kong, nel distretto di Wan Chai, uno dei quartieri di riferimento per la vita notturna, ricco di bar e discoteche aperte fino all’alba ma anche di strade famose per la prostituzione di ragazze provenienti dal sud-est asiatico e dall’Africa. Quando la polizia ha varcato la soglia della sua abitazione ha trovato una scena raccapricciante: Seneng Mujiasih, 28 anni, conosciuta anche come Jesse Lorena era stesa sul pavimento, con il corpo nudo martoriato da profonde ferite sul collo e sulle natiche. Il corpo mutilato della seconda ragazza, la ventitreenne Sumarti Ningsih, è stato trovato chiuso in una valigia riposta sul balcone dell’appartamento, in avanzato stato di decomposizione. Secondo gli inquirenti era lì da giorni.

Dalla ricostruzione dei fatti sembra che Sumarti abbia incontrato il suo omicida il 25 ottobre. Jutting le avrebbe offerto una grossa somma di denaro per andare a casa con lui. Sumarti ha tentennato. Aveva già avuto un rapporto a pagamento con Jutting e l’uomo si era mostrato talmente violento che la giovane a un certo punto aveva chiesto di andare via prima, offrendogli indietro la metà dei soldi che aveva pagato per la prestazione. Ma, nonostante le perplessità, la giovane accetta un secondo incontro e questa volta la violenza e la perversione di quest’uomo superano ogni limite. Sumarti è stata torturata con una cintura, un paio di pinze e diversi sex toys. Tre giorni di agonia al termine dei quali l’uomo, secondo quanto riporta il Time, “dopo aver costretto la ragazza a leccare la tazza del gabinetto le ha tagliato la gola”. 

Tanta perversione ed efferatezza sono state, probabilmente, causate anche da un consumo eccessivo di droga e alcol. All’interno dell’appartamento la polizia ha, infatti, trovato 26 bustine contenenti tracce di cocaina e lo stesso Jutting ha detto che non avrebbe mai ucciso Sumarti senza la droga. 

Subito dopo il suo arresto Jutting è stato trasferito al centro psichiatrico Siu Lam, un istituto di massima sicurezza per prigionieri che richiedono cure psichiatriche.

Segni dell’instabilità dell’uomo, tuttavia, erano già presenti prima degli omicidi. Il The Guardian ha pubblicato il messaggio di risposta automatica che l’uomo aveva impostato sul suo account di posta elettronica: “Non sono in ufficio. A tempo indeterminato. Per questioni urgenti o meglio per qualsiasi questione, si prega di contattare qualcuno che non sia un pazzo psicopatico”.

Per Hong Kong si tratta del caso di omicidio più clamoroso dal 2003. Nell’ex colonia britannica, generalmente considerata molto sicura, il caso ha fatto emergere le discutibili abitudini di certi giovani uomini d’affari occidentali e sollevato una forte polemica sulle condizioni di lavoro delle donne indonesiane, spesso sfruttate e sottopagate.