Turchia, l'impero dei media di Gulen che minaccia Erdogan

Turchia, l'impero dei media di Gulen che minaccia Erdogan
di Azzurra Meringolo
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Martedì 19 Luglio 2016, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 09:06
Giornali, riviste, canali televisivi, produzioni cinematografiche: il movimento islamico di Fethullah Gulen possiede un vero e proprio impero mediatico. La comunicazione è da sempre uno degli assi portanti di questo movimento, ora accusato di essere mente e regista del tentativo di golpe fallito sabato notte. Sin dalla sua nascita e per tutta l'epoca in cui prima di arrivarci ai ferri corti - Gulen era un fedele alleato di Racep Tayyp Erdogan, il suo movimento Hizmet si è servito dei media per promuovere l'idea di un Islam al passo con i tempi, che pur muovendosi nel solco della tradizione, sa misurarsi con la tecnologia, la modernità e la globalizzazione.

LO SCONTRO
A fare la radiografia di questa ragnatela di soft power è l'impero mediatico di Gulen, una monografia curata da Lea Nocera per Arab Media Report, che mette a nudo non solo come Hizmet ha usato questi media per propagandare il suo messaggio politico- religioso, ma anche come questi siano infine diventati terreno di battaglia sul quale si è combattuto lo scontro che ha portato alla rottura finale tra Gulen e Erdogan.

 

Il primo, definito nel 2008 l'intellettuale pubblico più influente al mondo da Foreign Policy, controlla il gruppo editoriale Feza, fondato nel 1986, i cui prodotti erano dapprima esclusivamente indirizzati ai membri Hizmet, ma con gli anni hanno acquisito valore di mercato. Tra questi il più celebre è Zaman letteralmente Il Tempo, ma se letto al contrario, Namaz, ovvero preghiera che prima degli eventi di Gezi Park era il quotidiano più letto del Paese. È da lui che è nato Today Zaman, testata in inglese che mira ad amplificare, in ambito internazionale, la visione del Movimento. Il nome di Gulen è anche dietro quello della più grande agenzia di stampa del settore privato: Cihan, l'Universo, e di molti tra i più letti settimanali come Aksiyon (Azione, circa quarantamila copie al giorno). Nell'impero mediatico di Hizmet figurano poi 11 canali televisivi. Oltre alle emittenti nazionali che sommate con le radio arrivano a circa 200 ci sono quelle internazionali, disseminate sia in Europa che negli Stati Uniti, terra d'esilio per Gulen.
In linea con la sua vocazione pedagogica e la sua ambizione di rivolgersi a un largo pubblico, Hizmet si è dato da fare anche nel campo della fiction, realizzando soap opera trasmesse dalla piattaforma del Movimento, Samanyolu Tv. A queste si sommano le numerose produzioni cinematografiche finanziate da Hizmet. Inizialmente pensate per il mercato interno - dove hanno avuto un discreto successo hanno fatto breccia in un pubblico internazionale.
Fino al 2013, l'impero mediatico di Gulen non aveva infastidito troppo Erdogan che, ancora suo alleato pur con qualche mal di pancia, pensava che questa ragnatela potesse servire a diffondere il pensiero islamico.

GEZI PARK
Quando gli eventi di Gezi Park sconvolsero la Turchia, il presidente all'epoca premier - dichiarò però apertamente guerra anche a Hizmet e al suo impero mediatico che nel frattempo, diversamente dalle altre testate, aveva iniziato a denunciare la repressione dei manifestanti da parte della polizia e la corruzione diffusa nelle file del governo. L'ambiente mediatico turco è andato così progressivamente polarizzandosi e restringendosi. I casi di repressione di giornalisti considerati stonati da Erdogan sono aumentati esponenzialmente. È così che si spiega, nel dicembre 2014, la retata della polizia nella sede di Zaman e l'arresto del direttore Ekrem Dumanli, sostenitore di Gulen. Un caso non certo isolato se si pensa alle diverse ondate repressive di cui sono state vittime giornalisti, vignettisti e giovani attivi nonostante i blackout imposti dal governo - sui social network.

L'APICE
Ora che la lotta fratricida tra gli ex gemelli siamesi ha toccato il suo apice, c'è chi già scommette sul crollo dell'impero mediatico di Gulen. Dubitare è però lecito, visto che almeno prima del fallito golpe, Gulen era secondo solo a Erdogan nell'incarnare il conservatorismo e l'identità nazionale agli occhi dei turchi pii. Così i suoi media, che negli anni hanno forgiato la mente di molti sostenitori di quello che già da tempo spera di essere presentato a reti unificate come il nuovo Sultano.