Gran Bretagna, muore a 13 anni per un'aneurisma cerebrale: i suoi organi salvano la vita a 8 persone

Gran Bretagna, muore a 13 anni per un'aneurisma cerebrale: i suoi organi salvano la vita a 8 persone
di Federica Macagnone
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Venerdì 8 Settembre 2017, 18:53 - Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 13:59
Il cuore grande di Jemima Layzell, morta a 13 anni nel marzo 2012 per un'aneurisma cerebrale, evento raro tra i giovani, non ha mai smesso di battere, così come i suoi sogni affidati alle pagine del suo diario non hanno mai smesso di regalare emozioni. Ancora oggi lei vive nelle otto persone alle quali sono stati impiantati i suoi organi: un numero da record nella storia dei trapianti. E ancora oggi le sue parole vivono in chi l'ha amata e anche in chi non l'ha mai conosciuta, grazie ai suoi genitori che, dopo la perdita della figlia e dopo aver scoperto una ventina di diari che la ragazzina aveva scritto da quando aveva quattro anni, hanno creato in sua memoria la fondazione "Jemima Layzell Trust" per aiutare coloro che sono sopravvissuti a un aneurisma e incentivare la donazione d'organi. «Se Jemima fosse sopravvissuta, avrebbe subìto gravi danni alla sua capacità di comunicazione e alla parte destra del corpo» hanno scritto sul sito dell'organizzazione. Gli scritti di Jemima sono ora stati raccolti nel libro "The Draft", i cui proventi vengono utilizzati per la fondazione.

Bella, sensibile, appassionata e con il fuoco della creatività che le bruciava dentro, Jemima, 13enne di Horton nel Somerset, in Gran Bretagna, affidava come un fiume in piena i suoi sogni e le sue tristezze al suo diario, tra le cui pagine i genitori, dopo la sua morte, hanno ritrovato il mare di vitalità che animava la figlia. E certe strane premonizioni che le davano una nota malinconica. «Comunque ho bisogno di scrivere quello che penso e che sento - scriveva il 7 agosto 2011, sette mesi prima di morire - Non tutto quello che vedi qui è successo davvero, ma per me è molto reale. Non mi importa se lascio andare la mia immaginazione! Molti artisti e scrittori brillanti erano pazzi! E infatti questo ha reso il loro lavoro più interessante! Anche se si sono tagliati le orecchie, si sono suicidati, si sono messi a fare cose pazzesche ecc. ecc. La gente li ama ancora e ama ancora il loro lavoro. E anche io voglio essere amata. Anche se mi sembra quasi che non vivrò mai abbastanza a lungo per poter diventare un'autrice, sposarmi, avere una famiglia». 

E ancora. «Caro diario - scriveva il 9 luglio 2011 - Ci sono momenti come questo in cui mi siedo e mi domando dove sia il mio Romeo? Cosa è successo al mio Principe Affascinante? Ma poi mi fermo e penso, me lo merito davvero? Voglio saltare fuori dal letto, scostare le tende e guardare fuori nella notte. Sporgermi dalla finestra, cantare per il mio vero amore, l'amore che non possiedo ancora e che forse non avrò mai. Se solo non avessi paura». 

Ma Jemima non aveva paura. Non aveva mai sentito parlare di donazione d'organi fino all'inizio del 2012, quando in famiglia si discusse di un incidente stradale in cui era morto un amico di famiglia, i cui organi non poterono essere donati per svariate circostanze: la ragazzina trovò l'argomento inquietante, eppure ne capì immediatamente la portata e disse che lei avrebbe voluto che i suoi organi, dopo la morte, fossero donati. Senza paura. Due settimane dopo, a marzo, fu colta da un improvviso collasso mentre con la sorella Amelia, oggi 17enne, preparava la festa per il 38° compleanno della madre Sophy Layzell, docente di arte drammatica. Jemima morì quattro giorni dopo in ospedale: poche ore dopo i suoi organi volavano verso varie zone dell'Inghilterra per salvare la vita a otto persone, cinque dei quali erano bambini. Il cuore di Jemima, l'intestino e il pancreas furono trapiantati in tre pazienti, i reni andarono ad altre due persone, il fegato fu sezionato e trapiantato in altri due soggetti, mentre i polmoni furono donati entrambi a una sola persona. La decisione dei genitori, basata sulla volontà espressa dalla figlia durante la discussione di pochi giorni prima, non fu facile, soprattutto per il padre Harvey, 49enne direttore di una società edile, ma alla fine entrambi capirono di aver fatto la cosa giusta. «È molto importante per le famiglie parlare di donazione di organi - dice Sophy - L'istinto di ogni genitore è dire no, dato che siamo programmati per proteggere i nostri bambini. Noi, ad esempio, siamo riusciti ad acconsentire alla donazione solo perché sapevamo che Jemima era d'accordo».

I responsabili del Servizio sanitario nazionale sperano che la storia della ragazzina incoraggi altre persone ad affrontare l'argomento in famiglia, considerando l'enorme quantità di persone che muoiono ogni anno a causa della carenza di donazioni d'organo. «Ogni donatore è speciale e la storia unica di Jemima mostra la straordinaria differenza che anche poche parole possono fare - dice Anthony Clarkson, del NHS Blood and Transplant - Centinaia di persone muoiono inutilmente in attesa di un trapianto perché troppe famiglie dicono no alla donazione. Per favore, dite ai vostri cari che siete favorevoli, e se non siete sicuri chiedetevi: se avessi bisogno di un trapianto, ne accetterei uno? E se la risposta è sì, non dovreste essere disposti a donare?».
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