Il drammatico racconto dei sopravvissuti: «Ho lanciato una sedia contro quel pazzo, così mi sono salvato»

Il drammatico racconto dei sopravvissuti: «Ho lanciato una sedia contro quel pazzo, così mi sono salvato»
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Mercoledì 19 Novembre 2014, 05:59 - Ultimo aggiornamento: 08:35
GERUSALEMME - L'italo-israeliano Nissim Sermoneta, 25 anni, ha visto la morte negli occhi mentre era assorto in preghiera nella sinagoga “Kehilat Bney Torah", nel rione ortodosso Har Nof di Gerusalemme.

«Stavo leggendo la Amida». È una preghiera che richiede concentrazione. Ho avvertito un rumore secco, come quello di una lampada che esplode. L'ho ignorato. Ma poi nella sala si è creata confusione. Mi sono occorsi una trentina di secondi per riavermi. Di fronte mi si è parato uno degli attentatori».



Sermoneta, figlio di un rabbino italiano e lui stesso studente di collegio rabbinico, racconta all'Ansa i drammatici momenti vissuti mentre due palestinesi armati facevano scempio fra una trentina di religiosi che come lui si trovavano nell'edificio per recitare le preghiere del mattino. Con la coda dell'occhio Sermoneta ha visto alcuni fedeli gettarsi sotto i banchi nel tentativo disperato di ripararsi dai colpi degli assalitori. Lui è invece passato al contrattacco. «Ho cercato di contrastare l'assalitore che veniva verso di me con una pistola in mano. Lui ha puntato l'arma e io gli ho dato una sedia in testa. Volevo permettere così ad altri di fuggire».



LA TELEFONATA ALLA POLIZIA

Ma questa prima reazione non è bastata. «Allora ho sollevato un tavolo e me ne sono fatto scudo. Ho pensato: se mi spara, forse i proiettili si conficcheranno nel legno». Con tutta la forza rimasta, ha lanciato anche il tavolo verso il palestinese e quindi è riuscito a raggiungere una stanza laterale. «Non riuscivo a trovare il mio telefonino. Poi io ed altri tre o quattro fedeli ne abbiamo trovato uno e abbiamo dato l'allarme alla polizia». Intanto nella sala centrale gli spari erano cessati, e per diversi minuti si è avvertito un silenzio di morte. Ma cosa stavano facendo gli assalitori? a«Il caricatore della pistola si era svuotato e allora sono passati ai coltelli. Li hanno dati in testa ai fedeli rimasti. Erano per lo più anziani, disorientati, e sono stati seviziati... come in un mattatoio». Conosceva bene una delle vittime, il rabbino Twersky, direttore di quell'istituto rabbinico: «Era vicino di casa dei miei genitori». Dalla stanza laterale intanto Nissim Sermoneta ha telefonato alla madre e così anche il padre - attualmente a Roma - è stato messo al corrente. Appena possibile, Sermoneta è scappato dall'edificio lasciandosi dietro la kippà, i filatteri, e il “talled”, il manto rituale.



CHI ERANO LE VITTIME

In serata Sermoneta è tornato nella sinagoga e nei prossimi giorni vi reciterà la solenne preghiera Ha-Gomel assieme con tutti quelli che ieri, assieme a lui, hanno visto la morte in faccia.



Yehuda Zahav, capo dei soccorritori di Zaka, che si occupano di recuperare i resti delle vittime, ha raccontato con emozione: «Abbiamo visto in passato molti attentati, anche con più vittime, ma questa volta si è trattato di ebrei in sinagoga fatti a pezzi con asce, coperti di sangue, con tallit e tefillit ancora indosso, e libri sacri gettati in terra, scene simili le abbiamo viste solo durante la Shoah». Le vittime, fino a ieri sera, sono state cinque. I tre rabbini americani uccisi: Moshe Twersky, 59 anni; Arieh Kupinsky, 43 e Kalman Ze'ev Levine, 55. Il quarto rabbino è Avraham Goldberg, 68 anni, il poliziotto ucciso è un druso, Zidan Nahad Seif.