L’idea ha incontrato il favore di molti psicologi e accademici e in alcuni paesi europei sono già stati condotti degli esperimenti, o redatti alcuni rapporti preliminari, i quali dimostrano come i lavoratori, lavorando sei ore, possano concentrarsi meglio, diventando così più efficienti. Dialogando con i lettori del quotidiano Daily Mail in una sorta di “Question time online”, Corbyn ha detto la sua sull’eventualità che anche nel Regno Unito venga introdotta questa innovativa scansione dell’attività lavorativa: «Non so se sarei in grado di svolgere bene il mio lavoro in sole sei ore ma è una delle cose di cui discuteremo nel nostro Workplace 2020, che abbiamo appena lanciato». Workplace 2020 è una iniziativa del Labour, una tavola rotonda che si prefigge di discutere di lavoro e diritti, perché questi ultimi vengano ampliati in un’ottica di maggiore sensibilità sindacale; uno degli obiettivi del Workplace è infatti quello di aumentare le iscrizioni al Trades Union, il sindacato inglese.
Corbyn ritiene che il Regno Unito sia «uno dei mercati del lavoro più ineguali tra le moderne economie occidentali» ed anche per questo vede con favore una discussione intorno a proposte come quella delle sei ore. Intanto a Goteborg, in Svezia, il personale di una casa di riposo l’ha già sperimentata, senza subire diminuzioni di paga. Sebbene qualcuno abbia liquidato la proposta come “naif”, una verifica ex post ha potuto constatare l’aumento della produttività, in parte dovuto al calo dei giorni di malattia richiesti dai dipendenti. Sull’esempio di questi pionieri, anche altre aziende, non solo svedesi (tra cui Toyota, Filimundus e Brath), hanno testato la giornata lavorativa a sei ore.
Vedremo quindi se Jeremy Corbyn riuscirà a portare avanti la sua proposta; per farlo, dovrà vincere le primarie online per la leadership del Labour, che si aprono il 20 agosto e termineranno il 24 settembre con la pubblicazione dei risultati, a pochi giorni dall’inizio del Congresso vero e proprio. A sfidarlo, l’ex giornalista della Bbc Owen Smith, che ha deciso di candidarsi dopo il voto di sfiducia dei parlamentari laburisti, i quali accusavano Corbyn di aver condotto una campagna elettorale troppo debole sul Brexit, il referendum dello scorso 23 giugno con cui il Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione europea. Ciononostante, con l’establishment del partito che quasi in massa gli ha voltato le spalle, l’attuale segretario resta molto popolare tra gli elettori, soprattutto giovani.
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