A chi giova il summit/ Ma alla Merkel interessa solo l’incasso sul commerci

di Oscar Giannino
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Sabato 8 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 23:56
Il G20 in corso ad Amburgo ha visto nella sua prima giornata al centro del palcoscenico due dei tre suoi attori principali, Putin e Trump. Nella notte e stamane entra in campo il terzo, la cancelliera Merkel. Solo nella notte infatti si è andati a stringere la bozza del testo finale destinato a essere rilasciato oggi, sui due punti fondamentali che daranno il segno più importante di questo G20 ospitato dalla Germania, dopo quello in Turchia e in Cina negli ultimi due anni.

I due temi sono il commercio mondiale e gli accordi sul clima legati alla Cop21 di Parigi, e su entrambi la Germania ha per mesi steso una rete di rapporti e pressioni in tutti i continenti per contenere al più possibile la posizione di Trump. Ma prima di arrivare a questo era necessario capire su che binario s’incamminasse davvero il rapporto tra Washington e Mosca, visto che Trump e Putin erano ieri al loro primo incontro diretto, e il presidente americano proprio sull’influenza russa nelle presidenziali Usa si trova ad affrontare il guaio più rilevante a casa sua, nel suo rapporto con i media e con le élite. 

Se stiamo al resoconto che dell’incontro ha fatto il segretario di Stato americano Tillerson, il presidente Trump si è attenuto alle indicazioni dei suoi consiglieri. Bando ad ogni arrendevolezza a Putin. In Polonia aveva assunto un atteggiamento molto duro sull’atteggiamento russo verso i membri Nato dell’Europa orientale.

E in tutta la prima fase dell’incontro di ieri con Putin avrebbe sollevato proprio la necessità di sgombrare una volta per tutte il campo da ogni ipotesi di influenza russa sulla politica interna americana. Non deve essere stato poi molto difficile, ottenere da Putin assicurazioni che la Russia se n’è sempre astenuta: queste cose nel mondo odierno si fanno attraverso bombing orientato e coperto di notizie in rete, non le si ammette certo pubblicamente. 

L’evidenza concreta di un approccio condiviso è venuta invece con l’intesa per un cessate il fuoco nella Siria sudoccidentale a cominciare da domani stesso, mettendosi alle spalle il raffreddamento russo-americano avvenuto a seguito dell’intervento dell’Air Force contro le milizie lealiste di Bashar al Assad. E’ un’intesa delicata, perché dovrebbe fermare proprio le milizie di Assad che si apprestavano a un’offensiva che le riavrebbe portate prossime al confine di Israele. Gerusalemme ha chiesto a Trump e Putin un’intesa che garantisca di non avere nel Golan milizie iraniane che rafforzino ulteriormente Hezbollah. Vedremo. Sta di fatto che nulla si è ancora capito dell’altro dossier militare che divide Usa e Russia e che investe l’Europa: la questione ucraina e delle relative sanzioni, l’ultima serie delle quali è stata adottata da Washington nel dicembre scorso.

Oggi si toccano invece le due questioni che più stanno a cuore all’Europa, il commercio e gli impegni sul clima. La Merkel in questi mesi ha messo a frutto la forza del surplus commerciale tedesco. Dal Brasile all’Argentina, dal Messico al Sud Africa alla Cina, la cancelliera ha spiegato incessantemente che le intenzioni protezioniste di Trump vanno arginate con uno schieramento, se necessario, di 19 contro uno. Il documento ci dirà se finirà proprio così, ma di sicuro l’Europa è arrivata al G20 minacciando ritorsioni sull’acciaio americano, se Trump iniziasse la minacciata guerra dei dazi. E ciò malgrado il fatto che il più serio problema sull’acciaio – come europei e come italiani – lo abbiamo non con gli Usa ma con la Cina, non a caso oggetto del più delle sovratariffe daziarie europee deliberate in questi anni a fini antidumping. Per raffreddare ogni velleità protezionista americana, si è aggiunto il recente maxi accordo commerciale tra Ue e Giappone, alternativo all’idea americana di incardinare il commercio mondiale solo su grandi intese bilaterali tra grandi potenze. Per la nostra economia, come paese esportatore e secondo manifatturiero in Europa dopo la Germania, è assolutamente prioritario evitare scenari di guerre commerciali in grande stile, che avrebbero effetti a catena di svalutazioni competitive, deflusso di capitali e instabilità finanziaria. 

Lo stesso copione vale per gli accordi di COP21. L’Europa non defletterà dai suo obiettivi già definiti, e su questo anzi Macron ha reso la Francia ancor più intransigente che in passato, vedi l’annuncio dell’altro ieri sul 2040 come data limite entro la quale abbandonare per l’autotrazione i motori a combustibile fossile. Ma, anche se non piace sentirlo dire ai più intransigenti ambientalisti, che considerano gli obiettivi di Cop21 poco coraggiosi, in realtà la battaglia sul clima ha ad Amburgo una valenza più politica che economica.
Ricordiamo che noi per primi, come Italia, nello schema di Strategia Energetica Nazionale attualmente in consultazione pubblica lasciamo aperte almeno tre questioni fondamentali: data e modalità della decarbonificazione, se parziale o totale; transizione spinta del parco auto verso lo standard di emissione Euro6 (circa il 47% del circolante in Italia è al di sotto di Euro4); e infine l’intensità della trasformazione ecosostenibile del nostro vetusto patrimonio immobiliare.

Stame si parlerà anche di ciò che sta più a cuore all’Italia: i profughi. Purtroppo non possiamo aspettarci che espressioni di circostanza. Il problema è tra Italia ed Europa. Macron non intende assecondare una rapida soluzione della richiesta di far cessare il ruolo italiano come unico corridoio aperto dall’Africa per l’ingresso in Europa. Ed è del tutto allineato in questo con la Merkel, che non toccherà questa questione se non dopo le elezioni tedesche, nel prossimo autunno. Sta all’Italia decidere quale strategia unilaterale assumere durante l’estate, per dare forza e credibilità alla richiesta energica che Gentiloni e Minniti hanno avanzato a Tallin.
In sintesi: Trump è arrivato al G20 indebolito dalle polemiche interne; l’Europa è spaccata a metà sulla questione russa perché i membri orientali sentono sul collo il fiato della pressione di Mosca e noi no; la Cina coglie il meglio per sé dalle divisioni e debolezze dell’Occidente, e sulla Corea del Nord si avvicina alla Russia. 
L’ennesima conferma che la cornice del G20 delude ogni aspettativa di “governo mondiale” lanciata nel post 2008. E che, in Europa, l’unica vera forza non è quella militare, ma dell’economia e dell’export germanico. Realisticamente, in un quadro simile il governo Gentiloni fa il possibile, ma nessun sostegno sostanziale è prevedibile a breve per la questione mediterranea dei profughi che oggi per Roma è prioritaria.
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