Il test controverso/ Voti ai giornali, il paradosso di Facebook

di Giuseppe A. Veltri
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Venerdì 11 Maggio 2018, 00:56
È notizia odierna l’introduzione da parte di Facebook della sperimentazione di una pagella di affidabilità che gli utenti potranno dare a notizie prese dai mass media e riprese dal NewsFeed della piattaforma. Il tentativo del gigante di Menlo Park è di combattere le fake news cercando di dare priorità nell’algoritmo di selezione a notizie da fonti affidabili, dove, in questa sperimentazione, l’affidabilità viene decisa dagli utenti. 

È una scelta che sorprende visto che durante le audizioni di Zuckerberg alle commissioni del senato e della camera dei rappresentanti americani fu citato molto spesso l’uso di sistemi sofisticati di intelligenza artificiale e ‘machine learning’ per combattere il problema della fake news. Niente di tutto questo a quanto pare, ma una semplice valutazione fatta dagli utenti. Pur trattandosi di una sperimentazione, questa soluzione non è convincente per varie ragioni. Le notizie e le informazioni fluiscono in modo diverso rispetto a prima di Facebook; catturare l’attenzione umana che costituisce quel flusso è la ragione d’essere di Facebook (e valore per gli inserzionisti). Ora che lo ha fatto, Zuckerberg vorrebbe far finta che il suo software sia un puro canale neutro attraverso il quale le verità sociali e politiche possono fluire e che gli utenti possano dare rating di affidabilità come si fa nei siti di e-commerce come Ebay.

Questo moto di valutare l’affidabilità delle fonti di informazioni non tiene conto del fatto che i giornali e media da cui questo contenuto verrà preso, sono anche portatori di opinioni e non solo fatti. Inoltre, ignora come i sistemi mediatici dei paesi possano variare nella tipologia di testate che vi sono e dallo spettro di posizioni, sensibilità e culture politiche che rappresentano. 

Cosa vieta ad un gruppo di utenti con una propria posizione politica di valutare come inaffidabile una fonte semplicemente perché non allineata con le posizioni del gruppo stesso? È relativamente semplice dare una pagella di affidabilità nei confronti di chi pubblica informazioni dichiaratamente false, ma come possiamo farlo su chi esprime opinioni e commenti o semplicemente da risalto a qualcosa piuttosto che altro per scelta?

A parte quindi la difficoltà di giudicare come affidabile degli oggetti di valutazione diversi, rimane problematica la soluzione di scaricare sugli utenti l’onere di riconoscere le fonti di informazioni come affidabili. Un lavoro molto difficile per chiunque di noi e in cui ognuno finirà per affidarsi alle proprie preferenze come umana scorciatoia per prendere decisioni complesse in modo rapido.

Il rischio è che fonti affidabili, giornalisti che fanno il loro lavoro seriamente, siano giudicati come inaffidabili semplicemente da chi non la pensa come loro, da troll della pagella di affidabilità che sicuramente non mancheranno. 
Il punto cruciale rimane ancora aperto, l’idea di Facebook come una piattaforma neutrale è tramontata per via degli scandali che hanno visto la manipolazione attiva della piattaforma a fini di campagne politiche e poco si parla di quelle fatte a fini commerciali. È chiaro che non vi sono soluzioni semplici e molto probabilmente neanche indolori per modificare il ruolo di filtro dominante che Facebook ha assunto nell’accesso all’informazione per molti cittadini. Prendere il contenuto creato e prodotto da altri in modo da tenere le persone sulla propria piattaforma e non farli uscire (nel senso di andare sul sito di terze parti) è l’obiettivo e per forza di cosa espone Facebook al problema di selezionare il materiale prodotto da terzi e dai suoi medesimi utenti. Probabilmente, l’idea che ogni forma di contenuto su Facebook debba essere gratuita non regge più. Non è pensabile che vedere foto di gattini sia equivalente che leggere un reportage di guerra che è il frutto di lavoro professionale con dei costi. Modificare la modalità di fruizione del contenuto di qualità da gratuito a pagamento, sarebbe uno dei modi per iniziare a rendere distinti il flusso dell’informazione di qualità dal rumore di fondo che caratterizza una quantità sempre maggiore dell’online. Sicuramente, non sarà sufficiente e altri strumenti complementari serviranno per aiutare gli utenti a scegliere insieme al riconoscimento di Facebook che la qualità ha un costo anche per la piattaforma.
Tutto questo però richiederebbe un modello di business differente da quello attuale. Aspettarsi che Facebook lo faccia in una situazione di sostanziale monopolio desta ben poche speranze.
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