Su Facebook difendono l'attentatore di Boston: «un complotto, Dzhokhar Tsarnaev è innocente»

La Facebook cover del gruppo chiuso che proclama l'innocenza di Tsarnaev
di Giulia Aubry
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Mercoledì 27 Maggio 2015, 19:49 - Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 15:53
Non tutti gli americani hanno accolto con favore la condanna a morte di Dzhokhar Tsarnaev, il giovane di origine cecena responsabile insieme al fratello Tamerlan dell'attentato del 2013 alla maratona di Boston, nel quale persero la vita 3 persone e 264 rimasero ferite, con 15 grandi amputati tra queste ultime. E a difendere il ventunenne cittadino americano non sono gli attivisti contro la pena di morte.



Sin dai giorni immediatamente successivi al 18 aprile 2013 quando Dzhokhar venne arrestato - dopo una fuga di oltre 24 ore e uno scontro a fuoco in cui persero la vita suo fratello e un poliziotto - oltre 15.000 persone hanno aderito a un gruppo chiuso su Facebook che proclama, a gran voce, la sua innocenza. Il gruppo ha subito un notevole incremento tra gli iscritti dopo il 15 maggio 2015, giorno della sentenza con cui Tsarnaev è stato condannato a morte. Tra gli iscritti oltre 500 sono statunitensi. Tra questi anche due delle amministratrici, Elena Teyer e Audra Hawkins. Con loro c'è Butal Betalgiry, ceceno di Grozny che dichiara nel suo profilo di essere un ex docente universitario di economia.



I tre accusano la giustizia americana di aver prima incarcerato e poi condannato il giovane Tsarnaev sulla base di indizi presunti e non su dati certi. Inoltre sostengono che il ventunenne sia stato letteralmente "crocifisso" da politici e media statunitensi rendendo impossibile per chiunque una valutazione oggettiva del suo caso.



In realtà nel processo l'ipotesi di una possibile innocenza di Tsarnaev non è mai stata presa in considerazione. Tutti gli indizi - comprese le foto che lo ritraggono sul luogo dell'attentato, la sua fuga e il suo ruolo nello scontro a fuoco che ha portato alla morte del fratello - hanno lasciato ben pochi dubbi agli inquirenti. L'obiettivo della difesa è così sempre stato solo quello di dimostrare (senza riuscirci) che il giovane avesse agito sotto l'influenza del fratello maggiore per salvarlo dall'iniezione letale. Ma la storia di Tsarnaev è sempre stata trattata come un "caso particolare".



Diciannove anni al tempo degli eventi, di bell'aspetto, intelligente al punto che tutti immaginavano per lui un brillante futuro all'università. Una personalità così particolare e disturbante da spingere il magazine Rolling Stones a dedicargli una delle sue copertine più controverse e un ampio reportage dal titolo "The bomber" (l'attentatore).



Su Twitter, nei mesi precedenti all'attentato, il giovane postava un po' di tutto, testi di canzoni rap e citazioni del Corano con un riconoscimento implicito del valore del jihad. Ma nei comportamenti non vi erano indizi di volontà distruttive o affiliazioni a movimenti terroristici con basi interne o esterne agli Stati Uniti.



Una figura così anomala che gli amministratori della pagina si sono sentiti in dovere di specificare, sin dalla presentazione, cosa non sono. Non sono sostenitori del terrorismo, dicono, né giovani fans di Tsarnaev (molte adolescenti hanno ripetutamente fatto apprezzamenti sui social sul suo aspetto, più simile a quello di un membro di una boy band che di un terrorista dello Stato Islamico), e neppure anarchici. Si considerano solo semplici e onesti cittadini che chiedono sia fatta "vera" giustizia.

E per ribadirlo lunedì scorso hanno anche lanciato una petizione su Change.org per chiedere alla Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite che venga avviata una nuova indagine indipendente sul caso. Un appello che ha già raggiunto 6.200 sottoscrizioni.



I 15.000 membri del gruppo provengono per la maggior parte dalla Cecenia, dal NordAfrica e dal Medio Oriente, ma molti (oltre ai 500 statunitensi) sono europei e alcuni profili appartengono a italiani.

Dzhokhar Tsarnaev, il nemico interno, il giovane immigrato che diventa americano a tutti gli effetti e poi uccide i propri connazionali, non smette di far parlare di sé. Quello sguardo strafottente che osservava il lettore dalla copertina di Rolling Stones e ha accolto, apparentemente senza emozioni, la sentenza del 15 maggio continua a creare un profondo disagio all'Occidente. Un disagio che neanche la promessa di una iniezione letale sembra essere riuscito a cancellare.