Corte Ue, tutti gli Stati membri devono accogliere i coniugi gay di altra nazionalità

Corte Ue, tutti gli Stati membri devono accogliere i coniugi gay di altra nazionalità
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 6 Giugno 2018, 12:18 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 00:56
Roma – Nessuno Stato europeo, anche quelli che non riconoscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso, può impedire la libera circolazione o il soggiorno sul territorio del coniuge gay di nazionalità diversa. Diverse associazioni gay europee ma anche le associazioni degli atei e agnostici (come l'italiana Uaar) plaudono all'ultima decisione della Corte di Giustizia Ue per una sentenza che definiscono importantissima, e destinata a mettere dei punti fermi. L'Europa, in pratica, ha riconosciuto che la nozione di coniuge dal punto di vista del genere  è neutra, e che pertanto sussiste la libertà di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari anche se dello stesso sesso.

In questo caso il tema delle coppie gay, che diversi paesi non riconoscono ancora come fattispecie giuridica, era nato alcuni anni fa quando una coppia omosessuale regolarmente sposata a Bruxelles nel 2010, formata da un cittadino rumeno, Relu Adrian Coman, e dall'americano, Robert Clabourn Hamilton, dopo quattro anni di convivenza negli Stati Uniti, volevano stabilirsi definitivamente in Romania. Quando hanno chiesto alle autorità rumene informazioni sulla procedura attraverso la quale Hamilton, in quanto familiare di Coman, potesse ottenere il diritto di soggiornare legalmente in Romania, si sono sentiti rispondere che il diritto era valido solo per tre mesi. La coppia ha così avviato le procedure giuridiche e il loro caso è finito di fronte alla Corte Costituzionale rumena e di qui alla Corte di Giustizia europea, che ha sciolto il nodo giuridico, fissando alcuni punti fermi.

Gli stati membri possono prevedere restrizioni alla libera circolazione delle persone se basate su considerazioni oggettive, come per esempio motivi di ordine pubblico. Quanto all'obbligo di riconoscere un matrimonio omosessuale contratto in un altro Stato ai soli fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato non-Ue - spiega la sentenza - questo «non pregiudica l'istituto del matrimonio» né impone allo stato Ue in questione «di prevedere, nella sua normativa nazionale, l'istituto del matrimonio omosessuale». La sentenza pur non entrando nel merito della disciplina in materia dei singoli Stati dell’Ue – che sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio omosessuale – stabilisce che non possono ostacolare la libertà di soggiorno a uno dei coniugi omosessuali.




 
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