Olanda, populisti disinnescati ma la vera sfida è Le Pen in Francia

Olanda, populisti disinnescati ma la vera sfida è Le Pen in Francia
di Francesca Pierantozzi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 16 Marzo 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:41
L’AJA «Sono qui a votare anche per l’Europa», in fila al seggio alla stazione dell’Aja, Tess ha 25 anni e le idee chiare: «Dobbiamo fermare l’onda di Trump e della Brexit, e dobbiamo cominciare a fermarla qui». Per Tess è facile: mai pensato nemmeno per un attimo di votare Wilders. Con il suo pass elettorale (una specie di carta di credito che consente di votare in qualsiasi seggio) fila dritta alla cabina a votare per D66, la formazione più europeista d’Olanda. «Tutti i miei amici fanno lo stesso» assicura prima di andare a mettere la scheda nell’urna. Tess, l’onda l’ha fermata, non c’è stato lo tsunami populista, ma nessuno per ora può dire se le dighe terranno nello stesso modo in Francia, in Germania e altrove sulle terre europee.

I POLITOLOGI
I politologi tedeschi sono i più ottimisti. Hajo Funke, famoso esperto della Libera Università di Berlino non ha aspetto i risultati olandesi per annunciare un “riflusso” delle idee populiste. Trump e Brexit – ha detto - non hanno galvanizzato le folle europee: «Non c’è stato un effetto Trump in Europa». L’affermazione è forse troppo categorica, ma per ora in sondaggi hanno molto temperato l’iniziale ascesa dell’estrema destra tedesca di Alternativa per la Germania. «Vedo una stagnazione e anche l’inizio di un declino» dice sicuro Funke. 

Più difficile il caso francese. Nonostante il selfie al summit delle destre estreme di Coblenza dove Geert Wilders e Marine Le Pen hanno esibito grande complicità e sorrisi comuni (nella foto di gruppo c’era anche Salvini) non è detto che le disgrazie e o gli scarsi successi dell’uno si traducano automaticamente nella sconfitta dell’altra. Nonostante la popolarità e la forza di fuoco del leader del Partito per la Libertà, l’Olanda resta una terra poco adatta alla crescita del populismo. Per la cornice istituzionale, innanzitutto. Il sistema proporzionale integrale assicura a Wilders posti in Parlamento, ma lo condanna a restare fuori dal governo, dove potrebbe arrivare soltanto accettando alleanze, che né lui, né i potenziali alleati, vogliono. 

POCO INCISIVO
Questo ha reso il suo populismo d’opposizione meno attraente per gli elettori, che potrebbero invece sentirsi più motivati in Francia, dove il Fronte Repubblicano contro il Fronte nazionale è crollato ormai da tempo e una vittoria di una Le Pen al ballottaggio non è più fantapolitica. Altra differenza tra Francia, resto d’Europa, e Olanda che impedisce di tirare conseguenze continentali troppo nette dal voto di ieri: i Paesi Bassi non garantiscono alla propaganda dei populisti quel tasso di malessere, disoccupazione, scontento, e recessione che invece possono vantare altri paesi europei. Dopo il contraccolpo della crisi del 2008, l’Olanda ha ritrovato la salute. Oggi la crescita supera il 2 per cento – locomotiva d’Europa – mentre la disoccupazione è scesa sotto al sei, praticamente la metà rispetto all’Italia. 

LA SICUREZZA
Anche il tema della sicurezza non ha trovato in Olanda l’eco che potrebbe trovare nella Francia del Bataclan. Gli omicidi di Pim Fortuyn e Theo van Gogh hanno lasciato cicatrici che bruciano ancora, ma in Olanda le prigioni chiudono perché ci sono troppe celle vuote e il tasso di criminalità resta molto basso. Senza contare che se le percentuali elettorali non gli hanno regalato il primo posto, le idee di Wilders avevano invece già vinto prima del voto di ieri. Identità, islam, nazionalismo non sono più temi tabù e si sono imposti nel dibattitto pubblico. «Poco importa il risultato, il genio non tornerà nella lampada – ha chiosato da parte sua Wilders – E questa rivoluzione patriottica, che sia oggi o domani vincerà». 
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA