Egitto, i monaci fermano i bulldozer per salvare il monastero di San Macario

Egitto, i monaci fermano i bulldozer per salvare il monastero di San Macario
di Elena Panarella
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Mercoledì 25 Febbraio 2015, 16:36 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 21:42
Il Monastero di San Macario situato in Wadi el-Natrun, l’antica Scetes, a 92 km dal Cairo, sul lato occidentale della via del deserto verso Alessandria, torna al centro dell'attenzione con la protesta pacifica di decine di monaci. Fu fondato nel 360 D.C. da San Macario l’egiziano, che era il padre spirituale di oltre 4.000 monaci di diverse nazionalità (Egiziani, Greci, Etiopi, Armeni, Nubiani, Palestinesi, Italiani, Galli e Spagnoli). Tra loro c’erano uomini di lettere e filosofi, membri dell’aristocrazia del tempo, insieme a semplici contadini analfabeti. A partire dal quarto secolo fino ad oggi il monastero è stato sempre abitato da monaci, senza interruzione. Ora però il progetto di costruzione di una strada che dovrebbe unire la città egiziana di Fayoum ad un'area di oasi attraversando i territori intorno al monastero copto, minaccia un'area archeologica che si stende intorno a una chiesa risalente al IV secolo.



Il progetto mette a rischio anche l'approvvigionamento idrico del monastero e alcune aree coltivate ad esso appartenenti. Nei giorni scorsi, i monaci hanno dato vita ad un'iniziativa di resistenza non violenta, sdraiandosi sul percorso dei bulldozer impegnati nel progetto e guidati da operai che si avvicinavano alle terre del monastero al grido di «Allah Akhbar». Ne danno notizia fonti egiziane consultate dall'agenzia vaticana Fides. L'incidente intercorso tra i monaci e gli operai è solo l'ultimo atto di un lungo contenzioso sorto intorno al progetto viario. In passato, i monaci hanno presentato alle autorità diversi progetti alternativi che permetterebbero di salvaguardare i beni storici e naturali minacciati dal percorso della nuova strada. La Chiesa copta ha istituito anche un comitato ad hoc per favorire la ricerca di soluzioni alternative, e in passato anche il Ministero delle antichità ha espresso parere contrario al progetto, raccomandando la tutela integrale dell'area archeologica.



Nel 1969 per il monastero é iniziato un periodo di rinnovamento, sia spirituale che architettonico, con l’arrivo di dodici monaci e del loro direttore spirituale, P. Matta el-Meskin (Matteo il Povero). Questi monaci avevano vissuto i dieci anni precedenti vivendo insieme completamente isolati dal mondo, nelle grotte di una zona desertica nota come Wadi el Rayan, a circa 50 km a sud del Fayum. Avevano vissuto una vita monastica in senso stretto, nello spirito dei padri del deserto, con la stessa semplicità e la stessa completa privazione di tutti i beni e comodità del mondo, con lo stesso profondo senso dell’amore divino, e con la stessa totale fiducia nella divina provvidenza in mezzo all’ambiente naturale più austero e ai pericoli del deserto. Per questi dodici monaci fu un periodo in cui furono legati in una sorta di prova del fuoco dell’amore divino, che li univa in Cristo nello spirito del Vangelo.



Fu l’ultimo Patriarca Cirillo VI che nel 1969 ordinó a questo gruppo di monaci di lasciare Wadi el-Rayan e andare al Monastero di San Macario per rinnovarlo. Il Patriarca li ricevette, li benedì, assicurò loro le sue preghiere e chiese a Dio di garantire loro la Sua spirituale paterna grazia, perché il deserto potesse rifiorire e diventare la casa per migliaia di eremiti. Soltanto sei monaci anziani vivevano al momento nel monastero e gli edifici storici al suo interno erano sul punto di crollare. I nuovi monaci furono accolti calorosamente dall’abate del monastero, il Vescovo Michael, Metropolitano di Assiut, che grazie alla sua saggezza e alla sua umiltà fu capace di creare l’atmosfera favorevole al rinnovamento sperato.



Al momento, la comunitá monastica conta oggi circa 100 monaci. La maggior parte di essi sono laureati in diverse discipline come agricoltura, medicina, veterinaria, pedagogia, farmacia e ingegneria, ed hanno fatto esperienza di lavoro prima di intraprendere la vita religiosa.



Gli attacchi del 2010. Centinaia di agenti delle forze di sicurezza egiziane, a bordo di veicoli e mezzi militari, attaccarono 5 anni fa il monastero di San Macario. Il fatto avvenne alle 8 di sera del 7 settembre. Durante l’assalto, cui hanno partecipato oltre 300 persone, furono sparati gas lacrimogeni, lanciati bastoni e sassi all’indirizzo dei religiosi, tre dei riportarono gravi ferite. Anche loro si difesero in tutti i modi. Le forze di sicurezza impedirono la consegna di mattoni all’interno dell’antico monastero, necessari per la costruzione di nuove celle da destinare ai religiosi. Gli assalitori cercarono anche di confiscare il materiale già consegnato, ma i monaci si sdraiarono sopra opponendo un fermo rifiuto.



Al centro della vicenda: questioni legate al possesso dell’area e all’uso cui andrebbe destinata, che da tempo vede opposti i monaci e le autorità. Questi ultimi all'epoca dei fatti affermarono che Wadi El-Rayan è una sorta di “area protetta” e intoccabile. I religiosi ribatterono però sulla necessità di costruire nuove celle all’interno del monastero, costruito ben prima che l’area venisse dichiarata dedita alla “conservazione”. Oggi i monaci tornano a rivendicare i loro diritti.
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