Congo, droni made in Italy per svolgere missioni umanitarie

Droni made in Italy
di Anna Guaita
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Venerdì 13 Dicembre 2013, 20:57 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 15:40
Se dici “drone” pensi subito alle controversie che gli Usa stanno sostenendo per le bombe sganciate sulla testa di persone innocenti. Proprio oggi nello Yemen si sospetta un ennesimo errore delle bombe, e si teme che gli americani - puntando contro un gruppo di estremisti - abbiano colpito anche delle persone che partecipavano a un banchetto di nozze. Eppure, nello stesso giorno, al Palazzo di Vetro all’Onu noi italiani riscuotiamo il plauso dei massimi dirigenti per il lavoro di pace e di intelligence che i droni made-in-Italy stanno facendo in uno dei luoghi più violenti e selvaggi della Terra: il Congo. Oramai da varie settimane due UAV (unmanned aerial vehicles: veicoli aerei senza pilota) della serie “Falco”, prodotti dalla Finmeccanica compiono operazioni di ricognizione nell’area orientale del Paese, la più selvaggia e isolata, dove la minaccia dei gruppi estremisti islamici è più grave.



La società italiana deve consegnare altri tre droni entro aprile. E il sottosegretario Onu per le Operazioni di Pace, Hervé Ladsous, nella conferenza stampa di fine anno, si è detto “estremamente soddisfatto” del loro funzionamento. Il Messaggero ha chiesto anche ulteriori chiarimenti sul personale che li telecomanda e controlla dalla base aerea di Goma, nella provincia Nord-Kivu, nell’est del Congo: «Si tratta di un lavoro altamente specializzato - ha risposto Ladsous - e noi siamo molto contenti di come gli esperti italiani lo stanno espletando». Il successo dei droni è tale che l’Onu sta programmando di adottarli anche in altre missioni di pace difficili e pericolose come quelle del Congo.



I droni italiani hanno compiti di prevenzione della violenza, trasmettendo immagini in diretta del territorio, che esplorano «con estrema accuratezza». Ladsous ha specificato che con questo supporto i quasi 20 mila caschi blu dislocati nella Repubblica democratica del Congo «ricevono informazioni molto più affidabili su possibili azioni militari dei ribelli, e questo si traduce sia in un miglioramento delle condizioni di sicurezza per i caschi blu, ma anche delle popolazioni». Oltre a seguire i gruppi estremisti che agiscono nel Congo (Il Movimento 23 Marzo, le Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda, l’Esercito di Resistenza) gli UAV danno anche immediate informazioni in caso si creino esodi di massa di popolazioni spaventate dalle offensive terroriste, in tal modo si può portare loro aiuto prontamente, sia per proteggerle che per fornirle di soccorsi alimentari e medici.



Non era mai successo prima che le Nazioni Unite si affidassero a simili metodi. E infatti nella discussione della scorsa primavera al Consiglio di Sicurezza, c’erano state resistenze da parte dei russi e dei cinesi che non vedono di buon occhio il fatto che l’Onu possa diventare «raccoglitore di intelligence».



Ladsous ha risposto molto asciutto a queste critiche: «Quest’anno abbiamo perso decine di caschi blu. E intanto le risorse diminuiscono, pur mentre il mondo diventa più pericoloso. E’ nostro dovere fare di tutto per dare sicurezza ai nostri uomini e donne, e per proteggere le popolazioni, e i droni contribuiscono a questo impegno con poca spesa e con molta precisione».
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