Il debutto della May/ Ma lady Brexit non somiglia alla lady di ferro

di Giuliano da Empoli
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Mercoledì 13 Luglio 2016, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 00:16
Chiaro che la tentazione è irresistibile. Un quarto di secolo dopo la Thatcher, un’altra donna sta per fare il suo ingresso a Downing Street. E allora tutti a proclamare l’avvento di una nuova Lady di ferro o addirittura «il ritorno della Thatcher», e poco importa se le idee e il percorso politico della nuova premier sono agli antipodi di quelli della donna che ha guidato la Gran Bretagna tra il 1979 e il 1990.

Laddove la Thatcher era una liberale pura, per la quale «la società non esiste, esistono solo gli individui», la May ha sempre sostenuto il contrario (e, a scanso di equivoci, ha tenuto a ribadirlo anche in questi giorni). Laddove la Lady di ferro originale ha combattuto battaglie sanguinose lungo il corso di tutta la sua carriera, la May arriva al potere senza colpo ferire, grazie ad una incredibile carambola che ha condotto al suicidio, nel corso delle ultime due settimane, i principali protagonisti della politica britannica, da David Cameron a Boris Johnson, da Michael Gove a Nigel Farage. Fino all’ultima rivale, la combattiva e avventata Andrea Leadsom, costretta al ritiro lunedì dopo una sequenza di gaffe degna dei Monty Python.

A fronte di queste differenze insormontabili, i commentatori più arguti hanno ripiegato su un parallelo meno suggestivo ma altrettanto immediato: «È arrivata la Merkel inglese». Qui ci siamo già un po’ di più. Entrambe discrete, competenti, noiose, Angela e Theresa sembrano adepte di una politica molto concreta e poco ideologica, fatta di decisioni pragmatiche più che di annunci roboanti. C’è da dire però che, in una vita di galleggiamento doroteo, su una sola questione la Merkel ha assunto una posizione radicale: i rifugiati. Che per lei, memore della storia della Germania Est dalla quale proviene, vanno accolti tutti, senza se e senza ma. Proprio su questo fronte, la May ha anch’essa adottato l’unica posizione davvero netta della sua carriera: diametralmente opposta a quella della Merkel. Da ministro degli Interni, Theresa May si è battuta con le unghie e con i denti per chiudere le porte del Regno Unito ai rifugiati. E per riuscirci si è addirittura spinta a proporre di ritirare l’adesione della Gran Bretagna alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo che preclude alcune espulsioni.

La verità è che i paralleli lasciano il tempo che trovano. Di donne al potere ne abbiamo viste ancora troppo poche per poterle impiegare come modelli sulla base dei quali giudicare quelle che verranno. Nei grandi Paesi europei ci sono state la Thatcher e la Merkel. Basta. Un’effimera primo ministro donna nella Francia di Mitterand. Mai nessuna da noi, né in Spagna. Con due soli precedenti, oggettivamente, è un po’ dura fare paralleli. Sarebbe come voler incasellare qualsiasi nuovo entrante maschio sulla scena politica in due categorie: o Bettino Craxi o François Hollande. Un po’ poco, per capire la politica di oggi e i mille diversi caratteri che la popolano. L’esempio britannico dimostra che ce ne vorranno ancora molti altri prima che il potere delle donne esca dal cliché per entrare finalmente nella normalità.
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