La ministra degli Esteri argentina, Susana Malcorra, che ha visto il Papa venerdì scorso, ha detto che ha parlato «a lungo» con lui della crisi a Caracas, e che Francesco le ha detto che è «disposto a dare qualche forma di appoggio» al dialogo fra opposizione e governo, ma per fare questo «Maduro deve adempiere agli impegni che gli ha chiesto la Chiesa, e ai quali non ha mai dato risposta». Lo scorso dicembre, in una lettera inviata a Maduro, Parolin aveva trasmesso quattro richieste al governo venezuelano: autorizzazione all'invio di assistenza umanitaria; un calendario elettorale chiaramente stabilito; restituzione delle prerogative al Parlamento e liberazione dei prigionieri politici. La missiva era stata accolta con sdegno dal governo - il numero due del chavismo, Diosdado Cabello, aveva accusato Parolin di essere un alleato della «oligarchia imperialista» - il che aveva portato al fallimento di quel primo tentativo di mediazione.
Il ministro peruviano degli Esteri, Ricardo Luna, ha affermato che quell'iniziativa, sponsorizzata dall'Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasud) con l'appoggio della Santa Sede, «non è servita a niente» e dunque è giunto il momento di una nuova mediazione, guidata dal Vaticano assieme a 12 paesi latinoamericani che hanno espresso una posizione comune rispetto alla crisi a Caracas. Questi dodici paesi - Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Messico, Panama, Paraguay, Perù e Uruguay - hanno sottoscritto una dichiarazione comune, ribadendo le stesse quattro esigenze contenuta nella lettera inviata da Parolin a dicembre.
Sia Malcorra che Luna hanno segnalato l'urgenza con la quale è necessario muoversi a causa del costante degrado della situazione in Venezuela, dove la crisi fra esecutivo e Parlamento si consuma nel mezzo di una durissima crisi economica, che sta già provocando episodi di saccheggio e rivolta sociale.
Domenica scorsa Maduro ha accennato ai «quattro punti del documento che abbiamo firmato» senza però precisare quali fossero, limitandosi a dire che «se c'è qualcosa ancora da fare, allora lo faremo», e chiedendo ai mediatori dell'Unasud di «tornare quanto prima possibile» in Venezuela.
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