La convention/ Trump tenta di sedurre un’America impaurita

di Massimo Teodori
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Lunedì 18 Luglio 2016, 00:07
A ventiquattro ore di distanza dall’imboscata dei killer di Baton Rouge che hanno ucciso tre poliziotti, si apre oggi a Cleveland la Convenzione che nominerà Donald Trump candidato repubblicano alla Casa Bianca. Vedremo se nel clima drammatico di queste ore vi sarà ancora la resistenza di una parte degli esponenti del partito verso il tycoon che, certo, non contribuirà a svelenire il clima da guerra civile che si è andato creando tra bianchi e neri La scelta del candidato vicepresidente, il governatore dell’Indiana Mike Pence contribuirà forse all’unità nel partito ma non alla distensione degli animi perché si tratta di un esponente del Tea Party dallo spiccato carattere conservatore a cui fanno riferimento gli integralisti protestanti del Mid West, campioni della supremazia bianca.

Il motivo che dominerà l’assise repubblicana è la paura. Per un verso gli attacchi del terrorismo islamista all’estero, culminati nelle stragi di Dacca e Nizza a cui si aggiunge la vicenda del golpe turco, hanno accentuato negli americani il senso di insicurezza che spinge alla pressante richiesta della mano forte nei rapporti internazionali come accadde dopo gli attacchi alle Torre gemelle dell’11 settembre 2001.
 
Per un altro è il conflitto tra bianchi e neri che imperversa nella società americana, esasperato dal triplice assassinio dell’ultima ora, a gettare benzina sull’incendio acceso dagli esasperanti comizi di Trump. Le violenze delle polizie locali contro i neri dei ghetti urbani, e le reazioni di questi ultimi trasformatisi in rivolta assassina contro i poliziotti nel Texas ed ora forse in Lousiana, non fanno altro che alimentare l’atmosfera emergenziale che condiziona i lavori di Cleveland.

La campagna elettorale di Trump continuerà ad essere condotta all’insegna dell’identità del gruppo bianco, ritenuto in declino sotto la pressione demografica e l’aumento di peso dei non bianchi. La Convenzione repubblicana ruoterà intorno alla polemica contro gli immigrati e i diversi - di volta in volta identificati nei messicani, gli islamici e i neri - oltre che alla protesta dei ceti bianchi impoveriti. Del puzzle di generiche parole d’ordine su cui è fiorito il trumpismo fanno parte anche il richiamo alla “legge e ordine”, il diritto degli americani a portare le armi per “difendersi dai terroristi”, la difesa ad oltranza della polizia, e la riproposizione della “supremazia bianca” contro il multiculturalismo.
Queste suggestioni toccano alcune vene profonde dello spirito americano. Il populismo esalta la distanza dai “politicanti di Washington”, un tema che è già stato rinfocolato dagli esponenti del Tea Party che hanno avuto successo soprattutto all’Ovest e al Sud. Il protezionismo sollecita la reazione della working class bianca che si sente danneggiata dalle élite finanziarie di Wall Street. L’anti-internazionalismo polemizza con la Cina, all’origine dell’impoverimento degli americani. E l’esaltazione dell’ “America forte” rinfocola l’orgoglio sciovinistico della nazione bianca contro il presidente nero “che va in giro per il mondo a chiedere scusa”.

La domanda che l’opinione pubblica anche internazionale si pone è se il candidato repubblicano esponente dell’anti-intellettualismo e dell’anti-elitismo sconfiggerà la più tradizionale candidata democratica Hillary Clinton. A favore di Trump nelle primarie si è mobilitato un elettorato intenso e militante che tuttavia rappresenta solo un quarto di quello necessario per vincere l’8 novembre. Ora, il candidato nominato dalla Convenzione insieme al suo vice dovrà portare a votare l’altra parte dei potenziali elettori repubblicani che fin qui non l’hanno appoggiato insieme a un settore significativo dei “registrati indipendenti” che pesano in maniera determinante sul risultato finale.
Per fare il pieno dei voti necessari per vincere, si dovrà valutare quanta parte della nomenclatura repubblicana si schiererà a sostegno di Trump dopo essergli stata ostile. E’ un’operazione politica tutt’altro che scontata che potrebbe passare per la reintroduzione nella piattaforma programmatica delle presidenziali dei temi tradizionali del Gran Old Party – per esempio il libero commercio internazionale – che sono stati bistrattati dalla foga politica trumpiana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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