La Catalogna invoca l'aiuto dell'Europa, ma la Ue è con Rajoy

La Catalogna invoca l'aiuto dell'Europa, ma la Ue è con Rajoy
di Paola Del Vecchio
3 Minuti di Lettura
Martedì 3 Ottobre 2017, 10:18
Nell'ignoto orizzonte politico aperto dalla lacerante crisi catalana si naviga a vista. Dopo che la violenta azione delle forze di sicurezza è servita a puntellare un referendum illegale sull'indipendenza in Catalogna, che arrivava al 1º ottobre in crisi profonda. E a legittimare un risultato inverificabile e scarso, per staccare la spina dalla Spagna.
Non conta la maggioranza - il 58% dei 5,3 milioni di catalani chiamati a votare - rimasta a casa, perché in disaccordo con il process'. «Le circostante difficilissime in cui 2,2 milioni di cittadini hanno votato, il 90% a favore del sì, danno dignità di garanzie e rendono il risultato vincolante. Ce lo siamo guadagnato», ha ripetuto ieri il president Carles Puigdemont.

Che ha lasciato la porta aperta a una dichiarazione unilaterale di indipendenza, seppure senza indicare la data. Nel muro contro muro con il governo spagnolo, «è arrivato il momento di invocare una mediazione internazionale, per ristabilire la normalità istituzionale», ha detto il president, dopo la riunione d'urgenza del suo esecutivo. E se la Ue non potrà essere mediatore diretto, dovrà almeno patrocinare i colloqui, perché «non può continuare a guardare da un'altra parte», ha detto Puigdemont. La sua petizione è arrivata pochi minuti dopo che la Commissione Europea aveva chiuso nuovamente le porte a questa possibilità, considerando la crisi catalana questione domestica. Seppure dopo aver bacchettato la Spagna, perché «la violenza non può mai essere strumento nella politica». E alla richiesta di Puigdemont, che esige il ritiro immediato dei 10mila agenti inviati per l'ordine pubblico in Catalogna ha replicato picche il ministro spagnolo degli interni Zoido.

LO STOP CIVICO
In ripulsa alla violenza dell'intervento delle forze di sicurezza, che domenica ha tinto di nero una giornata di mobilitazione pacifica, lasciando un bilancio di 800 feriti, oggi la Catalogna si ferma nello sciopero generale, convocato dalle associazioni indipendentiste. I sindacati, che si sono in parte smarcati, preferiscono chiamarlo stop civico, perché si dissociano dalle finalità politiche. Per assicurarsi un'adesione significativa, la Generalitat non tratterà la giornata in busta paga i dipendenti pubblici. Senza mediazione, il referendum avrà conseguenze politiche «nei prossimi giorni», quando ha assicurato Puigdemont - saranno ratificati i risultati alla Camera catalana. La Cup, il socio anticapitalista del govern, preme per dichiarare l'indipendenza nel termine previsto dalla legge cassata dalla Corte costituzionale: 48 ore dalla consultazione, che scadono domani. Ma Puigdemont resiste e dice di essere disposto ad aprire un dialogo mediato, senza imposizione di linee rosse.
Non c'è accordo nel fronte indipendentista su come culminare il process', Una dichiarazione di autodeterminazione avrebbe, infatti l'effetto di rinsaldare il blocco unionista', senza favorire il negoziato.
Il premier Rajoy ha convocato tutti i partiti per sommare appoggi contro la dichiarazione di autonomia, lo strappo finale. Nonostante le critiche dei socialisti, Rajoy conta sul loro appoggio, anche se il leader del Psoe, Pedro Sanchez, ha finora evitato di darglielo espressamente.

RICHIESTA DI NEGOZIATO
Ha condannato le cariche di polizia, e ha insistito perché si apra «un negoziato immediato» con Puigdemont. Ma a questo si oppone frontalmente Albert Rivera, il leader catalano del partito centrista Ciudadanos, finora alleato del leader conservatore, che dà per chiusa ogni via di dialogo con Puigdemont. «Non ci metteremo a un tavolo con gli autori di un golpe alla democrazia. Questo va bloccato con più democrazia, con elezioni democratiche. Puigdemont è delegittimato per qualunque negoziato», ha ripetuto Rivera dopo l'incontro con Rajoy. Esige al governo del Pp l'applicazione dell'articolo 155 della costituzione, che sospendendo l'autonomia catalana, consentirebbe di convocare elezioni anticipate nella regione, e contare fronti contrapposti e cambiare gli interlocutori.
L'alternativa che valutano gli unionisti', è il possibile ricorso alla ley de seguridad', la controversa legge di sicurezza che consentirebbe di dichiarare una situazione di interesse per la sicurezza nazionale, per sospendere il president dalle funzioni, al fine di garantire «la difesa di Spagna e dei suoi principi e valori costituzionali», convocando le elezioni.
LA SCONFITTA DELLA POLITICA
Ancora una risposta giudiziaria a un problema politico, che ratifica la sconfitta della politica. E potrebbe contribuire, come finora, a rafforzare il sentimento insurrezionale'. A ricordare che «l'applicazione dell'art. 155 non sarebbe una buona idea, in un momento come quello che stiamo vivendo», è stata ieri la sindaco di Barcellona, Ada Colau, la Cassandra della crisi catalana.