Il caso Yale/ Quel corso sulla felicità che spiazza il mito Usa

di Sebastiano Maffettone
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Giovedì 26 Aprile 2018, 00:06
Psyc 157 è il nome in codice di un corso dell’Università di Yale (New Haven) negli Stati Uniti. Vale la pena tenerlo a mente perché Psyc 157 rischia di diventare il corso più seguito nella storia di questa prestigiosa università se non addirittura di tutte le Università americane. 

Il titolo del corso in questione è “Psychology and the Good Life” (Psicologia e vita buona) e finora vi ci sono iscritti circa 1500 studenti cioè più di un quarto degli undegratuates. Il tema principale del corso oscilla tra la psicologia e l’etica, e la professoressa che lo insegna Laurie Santos, psicologa e capo di un college residenziale a Yale, si propone con la frequenza bisettimanale di aiutare gli studenti a vivere una vita più felice. C’è in questo proposito senza dubbio qualcosa di ingenuamente e tradizionalmente americano, che assomiglia ai manuali per diventare ricchi e famosi. Ma c’è anche qualcosa di profondamente decostruttivo delle abitudini nazionali e locali. Infatti la professoressa Santos sostiene che gli studenti devono imparare a “procrastinare meno le gratificazioni e incrementare le relazioni sociali”, in sostanza devono lavorare meno e divertirsi di più. E ciò anche perché negli ultimi anni della scuola media superiore hanno dovuto sacrificare il loro benessere quotidiano e i piccoli piaceri dell’esistenza per riuscire a essere ammessi a Yale. 

Non è difficile cogliere in queste tesi un messaggio contrario all’etica protestante del lavoro e alla classica connessione americana tra merito da una parte e riuscita dall’altra. Ma il messaggio in questione va anche contro le usanze dei College come Yale, che in materia di impegno hanno sempre premuto il pedale sull’acceleratore e mai sul freno. D’altra parte, pensateci un attimo. Mandare uno studente a Yale costa alle famiglie più di 100.000 dollari annui tra retta e mantenimento. Ce lo mandereste vostro figlio, sapendo che il suo scopo precipuo deve essere quello di rilassarsi e uscire con le ragazze? Una domanda del genere impone una riflessione ulteriore per cercare di capire come mai corsi come Psyc 157 esistono e hanno tanto successo. Diamo per scontato l’ovvio, e cioè che i ragazzi abbiano bisogno di terapie speciali anti-stress. Forse, c’è qualcosa di più dietro questa anomala “ricerca della felicità”. Forse, c’è dietro una crisi ideale di un paese intero, se non addirittura dell’Occidente. Gli Stati Uniti, in altre parole, non crederebbero più nel mito della felicità come riuscita nel lavoro perché la riuscita stessa diventa sempre più rara e difficile. e quindi -a cominciare da una cattedrale del sapere come Yale- si cominciano a battere sentieri laterali prima inconcepibili. La stessa Università comincia a rendersi conto che l’ascensore sociale rallenta vorticosamente e non può garantire come negli anni passati alle famiglie che i migliori studenti diventeranno CEO di grandi compagnie. Di conseguenza, corre ai ripari predicando la gioia di vivere. 

C’è qualcosa di nuovo nel contenuto di Psyc 157 ma anche qualcosa di antico. Dopotutto, già il saggio Zen ebbe a dire a chi gli chiedeva consigli sul da farsi: “Il grande Buddha non fa che sonnecchiare nel giorno di primavera”. Meditare, ci dice il saggio Zen, fa bene, e dovremmo imparare tutti che la vita non è solo una corsa verso una meta esterna prefissata ma anche un percorso in cui rendiamo conto a noi stessi e agli altri di chi siamo e della vacuità del successo materiale. L’ironia della storia fa così in modo che la antica saggezza orientale viene ripresentata in forma semplificata in un tempio della cultura occidentale. Mentre un corso come Psyc 157 non lo trovereste facilmente a Pechino o Singapore, dove i ricchi locali mandano i i figli a Yale per apprendere dagli americani i segreti dell’etica protestante da applicare nel business di famiglia…

 
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