Il caso Cina/ A Pechino nulla cambia affinché tutto cambi

di Romano Prodi
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Domenica 16 Ottobre 2016, 00:10
Nel bene e nel male la Cina si trova di fronte a scelte complicate. In tutti i dibattiti interni la fase che il Paese sta ora attraversando è definita come una fase di «nuova normalità» (new normal). Come se la Cina fosse diventata, dopo anni di crescita impetuosa, uno Stato come gli altri, una delle tante potenze esistenti. Nulla di più sbagliato, se non altro per quello che la Cina non fa.

In tutti i grandi conflitti che oggi insanguinano il mondo essa non c’è. Non ha nulla a che fare con la Siria, nulla con la Libia ( dove pure ai tempi di Gheddafi era massicciamente presente dal punto di vista economico) e non opera né in Ucraina né in Afghanistan. E nemmeno nei conflitti interni dei Paesi africani dove pure ha così diffusi interessi. Dal punto di vista militare si dedica principalmente a costruire basi ed aeroporti nelle isole intorno ad essa, anche in acque territoriali discusse.

Sicura che nessuno verrà ad interrompere questo suo accresciuto ruolo di potenza regionale, ha realizzato per la prima volta una base militare lontana da casa, in quell’area di estrema importanza strategica che è Gibuti. Una lenta ma progressiva crescita di influenza nel mondo alla quale si accompagna un cospicuo aumento delle spese militari, che pure rimangono una frazione di quelle americane. Vengono rafforzate l’aviazione e la marina, viene progressivamente modernizzato l’esercito. 

Un esercito che, alleggeritosi di 300 mila uomini trasferiti a carico del sistema delle imprese pubbliche, dispone ora di armi più sofisticate rispetto al recente passato. Lo sforzo maggiore del riarmo marcia tuttavia verso una direzione totalmente nuova, verso la cosìddetta guerra cibernetica (cyberwarfare), che costa meno delle guerre tradizionali ma richiede risorse umane e strutture di ricerca di elevatissima complessità. Una guerra che si combatte non con i carri armati o i missili ma con i computer, come nei film di fantascienza e che, proprio come in questi film, può procurare danni enormi a qualsiasi ipotetico nemico.

La sicurezza della Cina viene tuttavia maggiormente protetta dalla creazione di nuove alleanze, tra le quali emerge un sempre più amichevole rapporto con la Russia, che il conflitto ucraino e le ormai eterne sanzioni hanno progressivamente allontanato dall’Europa. In questo modo l’Occidente sta mettendo in atto il grande capolavoro di legare fra di loro le due grandi potenze militari che da decenni si guardavano con sospetto. 

A questa “nuova normalità” politico-militare si affianca quella economica. L’economia cresce infatti come previsto dalle autorità cinesi, cioè tra il 6 e il 7%, con una tendenza a calare leggermente nel tempo, come è naturale per un Paese che dalla povertà è passato ad un livello di reddito medio. In questa normalità rimangono tuttavia problemi insoluti di grande portata. Rimane una quantità impressionante di edifici invenduti, non si arresta il flusso di denaro verso l’estero, così come continua a preoccupare le istituzioni internazionali il crescente debito. Il rapporto fra il debito pubblico e privato rispetto al Pil viene infatti stimato intorno al 260%. Il che, anche tenuto conto delle particolarità cinesi, non può che costituire un elemento di preoccupazione, così come la non sufficiente solidità del sistema bancario. 

In questo quadro così complesso continua senza sosta la difficile politica dedicata all’aumento dei consumi interni e alla maggiore diversificazione dell’economia. Sono nate negli ultimi mesi ben 13 mila nuove imprese al giorno: non solo un numero impressionante anche per un paese come la Cina, ma con un aumento del 30% rispetto allo scorso anno. Nonostante l’enorme quantità di risorse ancora assorbite dal settore pubblico, il cammino verso la diffusione dell’imprenditorialità procede quindi veloce, soprattutto nel campo dei servizi, dove la Cina si trova ad essere ancora debole, con un impressionante deficit annuale di 221 miliardi di dollari di fronte ad un attivo di 544 miliardi nel commercio dei beni. 

Molti osservatori pensano che tutto questo avrà in futuro forti implicazioni politiche. È possibile e forse probabile che sia così. Per ora si deve prendere atto di un ulteriore accentramento del potere del presidente XI, che tiene ormai saldamente nelle sue mani partito, esercito e governo e che sta ulteriormente proseguendo nella ormai lunga, diffusa e necessaria lotta contro la corruzione. Mai come oggi la Cina si presenta quindi come l’opposto del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Mentre a Palermo tutto doveva cambiare affinché tutto potesse rimanere uguale, a Pechino tutto sembra dovere rimanere uguale e strettamente concentrato in pochissime mani affinché la sterminata società cinese sottostante possa trasformarsi e modernizzarsi in tutte le sue forme. 
Sarà quindi interessante seguire le evoluzioni di questo processo perché esso ha una dimensione tale da modificare la vita di tutta l’umanità.
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