Casini: «Dai sauditi aut aut agli Usa, ma è una mossa azzardata»

Casini: «Dai sauditi aut aut agli Usa, ma è una mossa azzardata»
di Marco Ventura
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Mercoledì 6 Gennaio 2016, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 08:20
«I sauditi, con l'esecuzione dell'Imam sciita Nimr Al Nimr, hanno voluto dire agli Stati Uniti: o con noi o con l'Iran. L'America deve tornare nella sala di regia del Medio Oriente. Ma anche l'Europa deve tornare a essere un soggetto attivo nell'area». Anche per dare soluzione all'emergenza migratoria. Queste le conferme che ha ricavato Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato, dalla visita in Israele e Cisgiordania dove ha incontrato il capo dello Stato, Rivlin, amico di lunga data, il predecessore Shimon Peres, i principali esponenti di maggioranza e opposizione e i leader dei Territori, poi una giovane israeliana accoltellata dagli estremisti palestinesi e, nello stesso ospedale, il piccolo Ahmad, 5 anni, sopravvissuto miracolosamente all'assalto incendiario di fanatici ebrei nel quale sono morti tutti i familiari.

Presidente Casini, Medio Oriente e migrazioni: che rapporto c'è?
«L'Europa per troppi anni non ha pensato al Mediterraneo, che è la fonte di tante opportunità ma anche di giganteschi problemi. L'Italia è stata lasciata sola quando gli arrivi si centralizzavano a Lampedusa. Poi, all'improvviso, tutti hanno capito che si aprivano altre rotte e che la meta predestinata erano i Paesi del Nord Europa.»

Svezia e Danimarca hanno deciso di riprendere i controlli alle frontiere, il sistema di Schengen è in pericolo. Che fare?
«Oggi vogliamo creare nuove illusioni, immaginando che ci difenderanno i muri? Liberi tutti di fare ciò che vogliono, ma sia chiaro che questa è un'altra fuga dalla realtà. O l'Europa concorre in prima persona alla stabilità del Medio Oriente, o sarà travolta dai suoi problemi».

Parliamo di Israele. Che cosa l'ha colpita di più?
«Una frase di Rivlin: noi ebrei e palestinesi non siamo condannati, ma destinati, a vivere assieme. Oggi c'è chi ritiene che nel caos del Medio Oriente il rapporto Israele-Palestina sia diventato l'ultimo dei problemi. Un grande errore, che ci fa rassegnare alla ineluttabilità di una guerra permanente».

Altre lezioni da questo viaggio?
«Bisogna evitare che una propaganda deleteria trasformi un conflitto di nazionalità come quello tra Israele e Palestina in un conflitto religioso. Chi lo fa, superficialmente o intenzionalmente, pone le premesse di un incendio di dimensioni catastrofiche. Israele, con tutti i suoi difetti, è l'unica vera democrazia del Medio Oriente. Dobbiamo non dimenticarcene e intensificare la collaborazione. Un esempio concreto? L'Italia può contribuire a formare un grande hub energetico nel Mediterraneo con la regia dell'Eni, che riunisca Israele, Egitto e Cipro. O l'Europa si rende conto della centralità di una politica del Mediterraneo, o dovremo rincorrere oggi il leader turco Erdogan e domani qualcun altro per tenere sotto controllo i flussi migratori».

Israeliani e palestinesi hanno fatto abbastanza contro gli estremisti?
«Non sono io a dover dare le pagelle, ma c'è sempre da fare di più. Il mondo palestinese deve evitare nelle scuole e nelle Tv di educare e incitare all'odio: sono tante le menti deboli che possono prendere un coltello e aggredire un loro vicino. Israele da parte sua deve capire che con la politica degli insediamenti si alimenta solo l'odio e si rende inaccettabile la condizione di vita dei palestinesi».

Lo scontro principale sembra essere oggi tra Iran e Arabia Saudita…
«Le esecuzioni in Arabia Saudita vanno condannate senza esitazione. Ma in realtà dopo l'accordo sul nucleare iraniano la nuova leadership saudita colpisce al cuore la strategia americana e sembra dire: o con noi o con loro. Con questa mossa va a carte quarantotto l'idea di Vienna di una coalizione globale contro l'Isis. I sauditi stanno facendo una mossa azzardata, destinata a incendiare le stesse minoranze sciite nei Paesi del Golfo».

Il disimpegno americano dal Medio Oriente è un errore?
«Il vero errore è stato quello di non vedere per anni le connivenze, le complicità e gli aiuti che hanno alimentato l'Isis. Il vuoto americano ha rimesso in gioco la Russia nello scacchiere, col risultato che oggi Mosca si propone come mediatrice tra le parti».

Che cosa possono fare a questo punto gli Stati Uniti?
«In quest'area non vogliono più mettere gli scarponi nel terreno e trovarsi impantanati in situazioni “irachene”, frutto peraltro dei loro errori. Ma un mondo senza regia ha ancora bisogno che gli Stati Uniti svolgano un ruolo determinante. E se penso a certi europei compiaciuti e contenti del “ritiro” americano, mi preoccupo davvero... Un mondo senza registi potrebbe risultare peggiore di quello precedente. L'impotenza degli Stati Uniti rischia di coincidere con l'impotenza dell'Occidente e gli europei non hanno la forza per sostituirli. Neanche nel Mediterraneo».

In Libia, l'Isis attacca i pozzi petroliferi…
«Solo un rapido insediamento del nuovo governo libico di unità nazionale può fermare l'Isis ed evitare che si insedi stabilmente e minacci le nostre città, trasformando la Libia in un avamposto del traffico di foreign fighter e di armi per la Guerra Santa. Già vediamo sintomi preoccupanti in Bosnia e nei Balcani».