Bruxelles, la strage "annunciata" e il flop dell'intelligence

Bruxelles, la strage "annunciata" e il flop dell'intelligence
di Stefano Dascoli
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Martedì 22 Marzo 2016, 12:03 - Ultimo aggiornamento: 13:51

Salah Abdeslam stava progettando "qualcosa" dal suo rifugio nel cuore di Molenbeek. La confessione resa alla magistratura belga dopo il suo arresto per gli attacchi inferti a Parigi il 13 novembre del 2015, oggi assume un valore ulteriormente drammatico alla luce degli attentati che hanno colpito al cuore Bruxelles. Un'operazione altamente simbolica (il desk dell'American Airlines all'aeroporto Zaventem, le fermate della metro più vicine al centro del potere europeo), certamente pianificata nei dettagli. I quattro mesi di latitanza del super ricercato Abdeslam, che da Bruxelles clamorosamente non si è mai mosso a differenza di quanto ipotizzato a più riprese, potrebbero essere serviti proprio a questo: a definire nei dettagli un nuovo tragico attacco multiplo capace di far ripiombare l'Europa nel dramma dopo la soddisfazione per la sua cattura. Bisognerà anche capire, alla luce di ciò che è accaduto, il senso della collaborazione offerta da Salah alle autorità giudiziarie. Un "pentimento" che potrebbe anche aver ingenerato una immediata reazione delle cellule attive in Belgio. In questo senso sarà importante decifrare se l'azione pianificata su Bruxelles va inquadrata nell'ottica di un attacco programmato da tempo o di una ritorsione maturata più in fretta proprio per l'arresto di Abdeslam.

Di certo un duro colpo per l'intelligence belga, già al centro di numerose critiche dopo i blitz falliti nelle scorse settimane e dopo il clamore dell'arresto di Salah proprio nel luogo dove era cresciuto e dove viveva. Gli stessi procuratori avevano candidamente ammesso, alla vigilia dell'attacco di Bruxelles, di essere ancora lontani dalla definzione del "puzzle" alla luce degli ultimi sviluppi delle inchieste. E di essere certi della possibilità di un attacco. E oggi la polemica divampa sulla facilità con cui gli attentatori abbiano potuto colpire luoghi così simbolici, nell'ora di punta, come metro e aeroporti. Per di più in una città da mesi stretta nella morsa dei controlli e nel pieno delle indagini sulla "filiera" jihadista. E' facile ipotizzare la presenza di una fitta rete di fiancheggiatori, di un "sistema" capace di eludere l'attività di un'intelligence pesantemente nel mirino.  

L'altro nome caldo di queste ore è quello di Najim Laachraoui, il presunto artificiere del commando terroristico che ha colpito a Parigi a novembre. Insieme a Mohamed Abrini, è ritenuto uno dei complici del massacro.
Tracce del suo Dna, infatti, sarebbero state trovate in due ordigni, quello usato al Bataclan e l'altro allo Stade de France. Le sue impronte, poi, erano anche nel covo di Scharbeek, dove si ritiene siano state confezionate le cinture.  E' in fuga, ancora ricercato. E bisognerà capire se possa aver avuto un ruolo nei tragici fatti di Bruxelles.

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