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Lo stesso Raab aveva dichiarato già esplicitamente nei giorni scorsi ai Comuni, subito dopo la nomina, di aver accettato un ruolo vicario rispetto alla premier in questa fase sul cruciale dossier del Brexit. Quindi con poteri decisionali inferiori rispetto al suo predecessore, David Davis.
May nella sua comunicazione informa il parlamento che Dominic Raab e il ministero della Brexit continueranno a sovrintendere all'introduzione della nuova legislazione post-Brexit nel quadro dello EU Withdrawal Act, approvato definitivamente nelle scorse settimane, nonché alla preparazione dei piani d'azione da adottare «nel caso sia di accordo con l'Ue sia di (divorzio) no deal». Mentre nei negoziati di Bruxelles il ministro si limiterà di fatto a rappresentare la premier e a seguirne le direttive. Su entrambi i fronti è previsto «il supporto della European Unit» costituita a Downing Street sotto la guida di Robbins, alto funzionario di grande esperienza, la quale avrà peraltro un ruolo guida di coordinamento sulla definizione della piattaforme negoziale.
Oggi stesso Raab ha affrontato un'audizione in commissione in cui diversi deputati, in particolare dall'opposizione laburista, lo hanno sfidato a dare indicazioni concrete sui piani del governo conservatore di fronte alla temuta ipotesi di un 'no deal': ipotesi che May insiste a dire di non volere, ma che ammette ormai - come anche Bruxelles - essere possibile.
Il ministro ha poi illustrato in una nota scritta i passaggi dell'attuazione dell'EU Withdrawal Act, destinato a entrare in vigore a partire dal 29 marzo 2019, scadenza prevista per la formalizzazione della Brexit, ribadendo l'obiettivo di un'uscita «liscia» dall'Ue secondo le indicazioni del recente Libro Bianco pubblicato dal governo. E ha evocato tempi stringenti, garantendo tuttavia al contempo spazi per «il massimo scrutinio» possibile da parte delle Camere, norma per norma.
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