Chayson, insomma, non era nient’altro che un “fake” come tanti. La scomparsa del piccolo era stata denunciata da una donna di 47 anni che sosteneva di essere la prozia, ossia la zia del fantomatico padre del bambino, la quale era andata di sua spontanea volontà dalla polizia a raccontare che non vedeva il bimbo da una settimana e che i genitori erano irraggiungibili. Nessuno li aveva visti e nessuno sapeva nemmeno dove trovarli. La polizia aveva aperto l’indagine in tempi brevi, notando però che «le cose che ci vengono raccontate sono confusionarie», come ammesso da Eric Mazaud, procuratore di Cusset.
E sarebbe stato strano il contrario, visto che, come hanno capito i poliziotti qualche giorno dopo, la “prozia” si era inventata tutta la storia di sana pianta per ragioni ancora ignote. La donna ora è in stato di fermo insieme alla figlia adolescente e a suo nipote (quello vero) e rischia di essere sottoposta ad un’indagine psichiatrica per aver inventato un reato inesistente. I moventi, secondo la polizia, potrebbero essere di ordine psicologico o mirati, con alla base un’ipotetica vendetta. Fatto sta che la falsa prozia ora rischia sei mesi di carcere e una multa di 7500 euro. Tutti reali.