«Da qualche tempo - ha detto oggi l'ambasciatore italiano a Dacca, Mario Palma - la polizia seguiva una pista che riteneva portasse al gruppo degli attentatori». Palma ha aggiunto che giorni fa l'ispettore generale Hoque aveva detto: «Sappiamo chi sono, dobbiamo solo prenderli». «È comprensibile la prudenza del governo bengalese nell'ammettere che ci sia stato lo zampino dell'Isis - ha concluso il diplomatico italiano - per le evidenti ricadute economiche che potrebbe avere l'ammissione che il Bangladesh ospita basi del terrorismo internazionale». L'assalto al covo è stato a carico di una squadra di teste di cuoio bengalesi (SWAT).
I preparativi sono cominciati nella serata di ieri con l'isolamento dell'edificio di cinque piani dove vivevano una cinquantina di persone, ma l'attacco finale al quarto piano è stato sferrato attorno alle 5,30 locali di oggi. Gli occupanti, fra i 20 ed i 27 anni, hanno tentato fuggire sparando contro gli agenti speciali, ma sono stati uccisi. I loro cadaveri giacevano nel corridoio e in due stanze. Un presunto militante di nome 'Hasan' è stato ricoverato e starebbe collaborando, mentre del secondo si sa solo che è stato portato al commissariato centrale. La polizia ha diffuso anche foto dell'appartamento, che non aveva mobili, ma armi, asce e moltissimo materiale quasi tutto di colore nero, come bandiere, magliette, zainetti e sciarpe bianco-nere per la testa, dello stesso tipo di quello rivenuto nel ristorante dove furono uccisi gli italiani, insieme a sette giapponesi, una indiana e tre bengalesi.
Nell'attacco alla Holey Artisan Bakery morirono nove italiani del settore tessile (Cristian Rossi, Marco Tondat, Nadia Benedetti, Adele Puglisi, Simona Monti, Claudia Maria D'Antona, Vincenzo D'Allestro, Maria Riboli e Claudio Cappelli).
Gianni Boschetti, marito della D'Antona si salvò perché prima dell'attacco uscì in giardino a rispondere al telefono.
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