Aung San Suu Kyi rompe il silenzio: «Sarà garantito il rientro dei profughi Rohingya»

Aung San Suu Kyi rompe il silenzio: «Sarà garantito il rientro dei profughi Rohingya»
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Martedì 19 Settembre 2017, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 20:32
Aung San Suu Kyi, leader de facto della Birmania, ha annunciato nel corso di un intervento trasmesso in televisione che il suo paese è pronto a garantire il rientro dei profughi Rohingya costretti a fuggire in Bangladesh.  «Siamo pronti ad avviare il processo di verifica in qualunque momento», ha dichiarato Suu Kyi nell'atteso discorso, pronunciato nella capitale Naypyidaw alla presenza di una platea di diplomatici stranieri. Quello del Premio Nobel per la Pace è stato il primo intervento pubblico dedicato alla crisi umanitaria in corso a Myanmar dall'inizio delle violenze che hanno provocato la fuga in Bangladesh dal mese scorso di centinaia di migliaia di civili Rohingya dallo stato occidentale di Rajkhine. «Anche noi siamo preoccupati. Vogliamo identificare i problemi reali. Ci sono state illazioni e contro-illazioni. Dobbiamo ascoltarle tutte. Condanniamo ogni violazione dei diritti umani e violenze illegali», ha aggiunto Suu Kyi, prima di invitare i diplomatici stranieri a recarsi in visita nello stato di Rakhine, dove la maggior parte dei villaggi sono stati risparmiati dalle violenze. 

«La maggioranza delle persone non ha preso parte all'esodo.
Dobbiamo capire le cause che lo hanno provocato». «Myanmar non teme lo sguardo della comunità internazionale», ha affermato. «Il nostro governo sta compiendo ogni sforzo per promuovere pace e stabilità», ha aggiunto. Suu Kyi non ha usato il nome
rohingyàadurante il suo discorso, se non per identificare l'Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), il gruppo militante che ha attaccato polizia e postazioni militari il 25 agosto, scatenando l'ultimo round di violenze nello stato di Rakhine: la premio Nobel ha infatti voluto sottolineare che i musulmani non sono l'unico gruppo vittima delle violenze, facendo presente che anche esponenti di altri gruppi etnici e religiosi sono scappati dalle zone di conflitto.
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