Douglas e Troy, dai campi di basket americani alla Jihad: morti in Somalia e Siria per il califfato

Douglas McCain e Troy Kastigar
di Giulia Aubry
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Martedì 16 Settembre 2014, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 15:53

C’ una scuola a New Hope, sobborgo di Minneapolis dove vivono poco pi di 20.000 anime, con un triste primato. Quello degli studenti trasformatisi in combattenti jihadisti e uccisi in battaglia a migliaia di chilometri dalla loro casa.

Douglas McCain, un bel ragazzo afro-americano 33enne di origine somala e con una passione per il basket, è morto poche settimane fa in Siria. Si era “arruolato” nelle fila dei combattenti di ISIS. Troy Kastigar, nativo americano che amava i tatuaggi e i capelli corti, è invece rimasto ucciso nel 2009 all’età di 28 anni in Somalia. Dopo essersi convertito all’islam radicale era, infatti, entrato a far parte di Al-Shabaab, il gruppo insurrezionale islamista che da anni opera nel Corno d’Africa.

Nati a pochi mesi di distanza, nel 1981, entrambi si erano trovati a frequentare la Robbinsdale Cooper High School, dal 1995 al 1998, e spesso si ritrovavano a giocare a basket, insieme o uno contro l’altro, presso il Centro Brian Coyle nelle vicinanze di Minneapolis, dove i giovani della locale comunità di somali-americani erano soliti passare il tempo assieme. Un’amicizia come tante accomunata anche da una serie di reati minori, registrati presso l’ufficio dello Sceriffo locale, e avvenuti quando erano poco più che ventenni. Nulla di apparentemente diverso da quanto avveniva ad altri loro coetanei abituati a vivere ai margini della società, in famiglie numerose o con problemi economici.

La conversione all’Islam è arrivata solo dopo la scuola, in età adulta e, per entrambi, è sembrata essere – così si legge nei post su facebook o su twitter – «la cosa migliore che fosse potuta accadere». In un video di Al-Shabaab Kastigar descriveva la sua esperienza di combattente come «una gita nella vera Disneyland», mentre in un tweet dello scorso giugno McCain si rallegra del fatto di «poter essere con i miei fratelli, adesso». I due ragazzi erano poi in contatto, sempre attraverso i social media, con un altro «combattente della Jihad» di New Hope che si faceva chiamare Abdirahmaan Muhumed e che, presumibilmente, sarebbe stato ucciso anch’egli in Siria nello stesso periodo in cui è scomparso MacCain.

Quali siano stati i percorsi che li hanno condotti da New Hope alla battaglia in nome del ritorno del califfato non sono noti nei particolari. Ma prima di arrivare, rispettivamente, in Somalia e in Siria i due ragazzi (così come Muhumed) sono stati in altre città degli Stati Uniti dove hanno frequentato le locali moschee. La delocalizzazione temporale del loro impegno lascerebbe intendere, secondo gli esperti, che il reclutamento venga fatto non rispetto al paese in cui si va a combattere, ma in nome di una causa transnazionale, di una vera e propria vocazione al martirio in senso più ampio. Per poter operare a questi livelli dovrebbero dunque esistere interconnessioni più ampie di quelle territoriali e presenti pressoché in ogni paese.

Al di là delle analisi però resta il fatto che l’intero Minnesota è allarmato dal numero di propri cittadini che “acquistano” un biglietto (spesso) di sola andata per la Somalia, la Siria, l’Iraq. Si calcola che almeno 40 ragazzi, provenienti dalla stessa zona di MacCain, Kastigar e Muhumed, starebbero combattendo nelle fila di ISIS. Una delle ragioni, secondo le forze di polizia locali, potrebbe essere la presenza di una numerosa comunità di giovani somali di seconda generazione che faticano a integrarsi. I responsabili locali della hanno dichiarato al New York Times che molte famiglie avrebbero denunciato la scomparsa dei propri figli. Ma la presenza di nativi americani come Troy Kastigar e altri lascia pensare che il fenomeno sia più ampio.

E intanto gli Stati Uniti (così come altri dall’Australia alla Gran Bretagna, dalla Francia all’Italia e così via) si interrogano su come fermare un fenomeno di reclutamento e affiliazione che sembra ogni giorno più pervasivo. Al punto da trasformare la speranza di molte famiglia, inscritta nel nome di New Hope, in disperazione.