«Una catastrofe umanitaria senza precedenti». Ban Ki-moon, il segretario generale dell'Onu, ha cercato parole definitive per descrivere il destino di Aleppo, la città martire della Siria, dove non ha fine lo scontro - lungo 4 anni, in una guerra civile di 5 anni e mezzo - tra le truppe del dittatore Bashar al Assad, aiutate via via da milizie sciite iraniane e libanesi e aviazione russa, contro i gruppi di insorti che a fasi alterne sono in bilico tra la capitolazione e la riscossa.
L'APPELLO
Ban Ki-moon ha usato quest'immagine, il rischio di una catastrofe, parlando a New York al Consiglio di sicurezza dell'Onu, nella speranze di smuovere coscienze e ingegno di Stati Uniti e Russia, le due superpotenze mondiali entrambe impegnate in Siria, e che si stanno parlando con l'obiettivo - sostiene Mosca, suggerendo un ottimismo prontamente smentito da Washington - di ottenere proprio un'intesa per Aleppo.
LA STRAGE DEI BAMBINI
Il ritiro russo non c'è stato, anzi martedì il Cremlino ha annunciato che i suoi caccia ora partono anche da una base in Iran. Per probabili motivi di politica interna (critiche dall'opposizione) Teheran ha ridimensionato ieri questa decisione storica (è la prima volta che la Repubblica islamica fa una concessione del genere a una potenza straniera) parlando di base offerta temporaneamente, e al solo scopo di rifornire gli aerei. Ma in realtà si tratta di un'alleanza militare che sancisce un rapporto di amicizia rinforzatosi nel tempo: quando è stata colpita dalle sanzioni economiche sul nucleare l'Iran ha trovato aiuto dai mercati russo e cinese.
Una partita diplomatica e politica complessa, che sulle macerie della Siria definisce nuovi assetti mondiali. L'appello di Ban Ki-moon è l'ennesimo, ma il peso delle Nazioni Unite appare irrilevante. E la catastrofe possibile è già in atto, dice Andrea Iacomini, il portavoce italiano dell'Unicef, che ricorda che nella sola Aleppo vivono almeno 130mila bambini. Serve acqua potabile, cibo, medicine. Arrivano solo bombe.
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