L’INTERPOL
Per ora, secondo le fonti ufficiali, detriti non sono affiorati dal mar della Cina. Anche se un aereo della marina vietnamita sostiene che sì, un pezzo di aereo sarebbe stato avvistato, laddove erano state individuate scie di carburante, a 80 km dall’isola di Tho Chu. Fosse vero sbiadirebbe l’ipotesi di un ordigno a bordo: perché un’esplosione a dieci km d’altezza dal pelo d’acqua non lascia tracce evidenti. Se di attentato si tratta, i due passeggeri che si sono nascosti dietro i passaporti rubati dell’italiano Luigi Maraldi e dell’austriaco Christian Kozel sarebbero due kamikaze. Di pelle bianca, perché anche se i controlli all’aeroporto malese di Kuala Lumpur si sono dimostrati distratti (l’Interpol aveva comunicato i dati dei documenti rubati) la sostituzione di persona imporrebbe una somiglianza almeno plausibile. Secondo Pechino potrebbe trattarsi di terroristi uiguri, secessionisti islamici che in Cina sono in conflitto con il potere centrale. Fatto è che non c’è nessuna rivendicazione.
Chi crede nell’attentato fa notare che i Boeing sono considerati sicuri, e che a quel punto del viaggio, in piena velocità di crociera, le possibilità d’incidente sono quasi nulle. La Nbc news afferma per contro che l’aereo era stato incidentato a un’ala, due anni fa: una collisione all’aeroporto di Shangai. Una riparazione inadeguata potrebbe essere un’altra risposta. Ma la compagnia avverte: il velivolo era stato ispezionato da appena dieci giorni ed era «in buone condizioni».
IL NOLEGGIATORE D’AUTO
Sui passaporti rubati ci sono altri particolari. Luigi Maraldi, da Phuket, in Thailandia, dove si trova in vacanza, ha raccontato in conferenza stampa: il passaporto lo aveva dato come garanzia a un noleggiatore d’auto e non l’ha ritrovato più. A Phuket il traffico dei passaporti è diffuso. Il biglietto a nome di Maraldi è stato acquistato online su un sito cinese il 6 marzo insieme con quello a nome dell’austriaco, pagando con valuta thailandese. I biglietti prevedevano solo lo scalo a Pechino, dove i due passeggeri non si sarebbero potuti fermare se non in aeroporto, perché non avevano il visto per la Cina. Nuovo scalo per entrambi ad Amsterdam, poi prosecuzione uno per Copenaghen l’altro per Francoforte.
Che i due ladri d’identità viaggiassero insieme è deduzione facile. E che fossero terroristi, e non ad esempio trafficanti di droga, è una pista seguita con attenzione dalla Fbi che collabora alle indagini. Ma nella tragedia di Mangalore, quattro anni fa in India, 158 morti nell’aereo che si schiantò durante l’atterraggio, si scoprì che ben dieci passeggeri viaggiavano con documenti rubati o falsi. E nessuno di loro era un terrorista. Erano tutti indiani, e la vicenda non ebbe la stessa eco globale dei due europei finiti in una storia che è ancora un mistero.
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