Abaaoud, presunta mente degli attentati di Parigi, racconta com'era sfuggito all'intelligence belga a gennaio

L'immagine di apertura dell'intervista a Abdelhamid Abaaoud pubblicata sul numero 7 di Dabiq
di Giulia Aubry
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Sabato 21 Novembre 2015, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 17:39
Lo hanno indicato come la mente dietro i recenti attacchi di Parigi. Abdelhamid Abaaoud - cittadino belga noto alle forze di polizia come estremista islamico -, era comparso in un'intervista sulle pagine del numero 7 della rivista patinata Dabiq. Il numero più "atroce" tra quelli sino a oggi comparsi in rete. Quello con le immagini strazianti del pilota giordano bruciato vivo in una gabbia, degli ostaggi giapponesi decapitati per mano di Jihadi John, degli islamici - definiti apostati e minacciati di morte - che partecipavano alle manifestazioni contro la strage di Charlie Hebdo, degli omosessuali gettati dalle torri, dei copti decapitati sulle spiagge della Libia, dell'elegia a Koulibali, l'attentatore del supermercato Kosher a Parigi.



E proprio tra queste testimonianze di odio, le immagini di sangue, le teste decapitate e le minacce rinnovate all'Occidente e agli infedeli (musulmani moderati inclusi), compare, a pagina 72, l'intervista ad Abu Umar Al-Baljki, nome di battaglia di Abdelhamid Abaaoud.



Nell'intervista celebrativa, il giovane racconta nel dettaglio il ruolo da lui svolto nel fallito attacco terroristico del gennaio di quest'anno alla citta belga di Verviers, in cui sono rimasti uccisi altri due militanti di Isis, e la sua conseguente fuga in Siria. Pur non avendo portato a termine il suo compito, Abdelhamid viene ugualmente indicato come esempio per i lettori di Dabiq.



«Nonostante il mio volto e il mio nome fossero ovunque in Belgio, sono riuscito a sfuggire ai controlli della polizia e dell'intelligence», racconta il ventisettenne estremista al suo intervistatore che non nasconde il proprio entusiasmo per le capacità del giovane militante. Il "rinato" Abu Umar Al-Baljki racconta di quando la polizia belga lo ha fermato a un posto di controllo e, nonostante la foto, lo ha lasciato andare. In un'altra occasione, mentre si trovava con i due sue compagni in una "casa sicura" - probabilmente nel quartiere di di Molenbeek - per pianificare l'intera operazione poi fallita, «150 uomini della polizia provenienti dalla Francia e dal Belgio hanno cominciato a pattugliare la zona perquisendo le case, ma non ci hanno scoperti».



Per lui e per il suo intervistatore tutto ciò è la dimostrazione che «Allah è con loro e benedice le loro azioni». Circondato da quest'aura mitica da sopravvissuto, Abaaoud parla del suo impegno per la jihad in Belgio, «un paese che fa parte della coalizione dei crociati che vogliono distruggerci». A febbraio dichiarava di voler rimanere in Siria per combattere in nome del Califfato e in memoria dei suoi due compagni divenuti "martiri". Ma il richiamo della guerra ai crociati sul suolo europeo deve essere tornato a farsi sentire presto se è vero che il giovane belga sarebbe, come riportato da alcune fonti, anche dietro la vicenda dell'attentatore sul treno ad alta velocità Amsterdam-Parigi.



L'idea che un volto tanto noto possa aggirarsi liberamente per l'Europa ed essere addirittura responsabile dei recenti orrori di Parigi dà la dimensione della vera minaccia rappresentata oggi da Isis. Un'organizzazione che si permette di dare ampia visibilità a chi ha provato a uccidere, ha fallito, è riuscito a scappare ed è tornato per finire - quasi indisturbato - il suo terribile lavoro.