11 settembre 2001, così iniziò la guerra persa da al Qaeda

11 settembre 2001, così iniziò la guerra persa da al Qaeda
di Alessandro Orsini
5 Minuti di Lettura
Sabato 10 Settembre 2016, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 09:32

L'attentato dell'11 settembre 2001 provocò la morte di 3 mila persone e sprigionò una paura immensa per la diffusione del terrorismo islamico nelle società occidentali. Sono trascorsi 15 anni. Per tracciare un bilancio, dobbiamo distinguere il livello di penetrazione del terrorismo islamico nei paesi occidentali da quello nei paesi a maggioranza musulmana. Il tentativo di al Qaeda di diffondere il terrorismo in Occidente è stato un fallimento. Il tentativo dell'Isis è in corso e non consente bilanci definitivi, anche se i tratti del fallimento sembrano prevalere su quelli del successo. Quanto ai paesi a maggioranza musulmana, il successo del terrorismo islamico è stato imponente, pervasivo e duraturo, soprattutto in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria, Yemen, Somalia e Nigeria.

IL CASO DI AL QAEDA
Dopo l'11 settembre 2001, Bin Laden aveva promesso di mettere a ferro e fuoco i paesi occidentali che considerava nemici dell'Islam. I soldati americani partirono per l'Afghanistan, afferrarono il collo di al Qaeda e lo spezzarono, riducendo drasticamente la sua capacità di impiantare cellule terroristiche nelle democrazie liberali.
L'attentato contro la stazione dei treni di Madrid dell'11 marzo 2004 fu realizzato da individui che si ispiravano ad al Qaeda, ma che agirono in modo autonomo.
Quanto all'attentato contro la metropolitana di Londra del 7 luglio 2005, il coinvolgimento diretto di al Qaeda non è stato mai provato. Resta il fatto che, tra il 2005 e il 2015, al Qaeda metteva a segno zero attentati contro le città occidentali. La strage di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 non muta il dato fondamentale, rappresentato dalla sconfitta del progetto di Bin Laden in Occidente.
La ragione per cui al Qaeda non è riuscita a trovare centinaia di musulmani occidentali, pronti a uccidersi per ucciderci, è semplice da spiegare: la predicazione di Bin Laden non ha trovato proseliti tra i musulmani d'Occidente.

TRE INSEGNAMENTI FONDAMENTALI
La storia del terrorismo di al Qaeda in Occidente ha fornito tre insegnamenti fondamentali. Il primo è che è falso affermare che siamo impotenti davanti ai terroristi. Dopo l'11 settembre 2001, al Qaeda non è più riuscita a dirottare un aereo, grazie alle misure adottate dai nostri governi. Il che significa che gli investimenti nella sicurezza ci rendono più sicuri. Il secondo insegnamento è che è falso affermare che i musulmani moderati non esistono, in base al principio secondo cui tutti i musulmani sarebbero potenziali terroristi. Se i musulmani moderati non fossero la quasi totalità, le nostre città sarebbero state travolte dai militanti di al Qaeda.

Il progetto di Bin Laden in Occidente è stato sconfitto, prima ancora che dalle forze di polizia, dai nostri musulmani, i quali sono più attratti dai valori delle democrazie liberali che da quelli delle società islamiche. Il terzo insegnamento è che i terroristi islamici non colpiscono i paesi occidentali a caso. Il loro motto è: «Colpiamo i pasi occidentali che odiamo di più». I capi di al Qaeda o dell'Isis agiscono secondo un piano razionale. L'affermazione, funzionale alla diffusione del panico, secondo cui siamo tutti in pericolo, è falsa. Alcuni paesi sono in pericolo; altri non lo sono affatto.

LA NASCITA DELL'ISIS
Al progetto di penetrazione in Occidente di al Qaeda, ha fatto seguito quello dell'Isis. Dovendo giudicare la capacità dell'Isis di reclutare militanti nelle città occidentali, alla data del 10 settembre 2016, l'immagine del fallimento è più nitida di quella del successo. Come i capi di al Qaeda, dopo l'attentato contro le Torri Gemelle, anche i capi dell'Isis, dopo la strage di Parigi, assicuravano di avere a disposizione centinaia di aspiranti kamikaze, pronti a farsi saltare in aria nelle città occidentali. Eppure, all'Isis, intesa come organizzazione proto-statuale con capitale a Raqqa, sono attribuibili soltanto due attentati: quello del 13 novembre 2015 a Parigi e quello del 22 marzo 2016 a Bruxelles.
Il confronto tra i due attentati mostra che la polizia europea ha ridotto le capacità operative dell'Isis. Tra la strage di Parigi e quella di Bruxelles, sono passati 129 giorni. Se l'Isis fosse la potenza che afferma di essere, avrebbe dovuto realizzare 129 attentati in 129 giorni, ma così non è stato. A ciò si aggiunga che a Parigi entrava in azione un commando di undici uomini, di cui sette kamikaze, che uccidevano 132 persone, con le cinture esplosive e i mitragliatori. A Bruxelles, è entrato in azione un commando di quattro uomini, di cui tre kamikaze, i quali hanno utilizzato soltanto le cinture esplosive, ma non i mitragliatori: l'arma che ha ucciso il maggior numero di persone a Parigi. Il risultato sono stati 32 morti anziché 132.

I TRE DISPONIBILI A BRUXELLES
I kamikaze erano soltanto tre per la semplice ragione che, alla data del 22 marzo 2016, l'Isis non aveva più di tre persone disposte a farsi saltare in aria a Bruxelles. L'Isis ha infatti un enorme interesse mediatico e strategico a realizzare attentati sempre più sanguinosi e spettacolari. Se abbassa il tono degli attentati, ciò accade per due ragioni principali. La prima è che la sua predicazione non conquista i musulmani d'Occidente, i quali rifiutano di trasformarsi in kamikaze. La seconda è che la polizia opera con efficacia.
I kamikaze di Bruxelles non hanno utilizzato i mitragliatori perché non sono riusciti a procurarseli, a causa dei controlli della polizia, o perché temevano che i mitragliatori sarebbero stati scoperti dalla polizia durante il tragitto verso i luoghi da colpire.

LE STRAGI PER LUPI SOLITARI
Dal 22 marzo 2016 a oggi, sono trascorsi 172 giorni, eppure l'Isis non è più riuscito a organizzare una nuova strage, limitandosi a rivendicare i massacri dei cosiddetti lupi solitari, come l'attentatore di Nizza. I campionati europei di calcio, che si sono svolti a Parigi, sono durati trenta giorni. La ragione per cui l'Isis non ha realizzato un attentato a Parigi è davanti agli occhi: non ci è riuscito. Le analisi del terrorismo si conducono sulla base degli attentati che un'organizzazione terroristica riesce a realizzare durante un periodo di tempo osservabile e non in base alle nostre paure per gli attentati che potrebbe realizzare in futuro. Questo è il metodo corretto per condurre analisi basate sulla ragione piuttosto che sulla paura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA