Zampolini: «Pagavo una casa in via Giulia
per Bertolaso». L'interessato smentisce

Guido Bertolaso ai Fori imperiali (foto Alessandro Di Meo - Ansa)
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Mercoledì 2 Giugno 2010, 11:20 - Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 00:04
ROMA (2 giugno) - Appalti e case, nuove accuse per il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. A parlare di fronte ai magistrati di Perugia che indagano sugli appalti per il G8 e le grandi opere
l'architetto Angelo Zampolini, che chiama in causa anche il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro.



Zampolini, che si era già occupato dell’acquisto delle case per l’ex ministro Claudio Scajola, per il generale dei servizi segreti Francesco Pittorru e per il manager delle Infrastrutture Ercole Incalza, rivela quindi un altro spaccato del funzionamento della cricca degli appalti. Zampolini durante un interrogatorio ha riferito ai magistrati che era lui, per conto del costruttore Diego Anemone, al centro dell'inchiesta sugli appalti per il G8 e le altre grandi opere, a pagare l'appartamento in cui soggiornava Bertolaso in via Giulia. Nell'interrogatorio del 18 maggio l'architetto ha affermato che era lui a pagare l'affitto con i soldi di Anemone, sempre in contanti e a volte anche in ritardo. Ai magistrati Zampolini non ha portato documenti o ricevute che potessero confermare la sua tesi ma ha fatto il nome di Raffaele Curi, indicato come il proprietario dell'appartamento e la persona a cui avrebbe consegnato i soldi.



Zampolini chiama poi in causa anche Di Pietro (fin dall’epoca in cui era ministro per le Infrastrutture). Al leader dell’Idv sarebbero state assegnate in affitto due case di Propaganda Fide, in via delle Quattro Fontane e in via della Vite a Roma. L’ex ministro: nessun affitto a me e al partito.



Durante il suo interrogatorio di dieci giorni fa, Zampolini si è soffermato sul sistema messo in piedi per la gestione dei lavori. «Durante il governo Prodi i miei progetti in vista del G8 a La Maddalena e delle opere per le celebrazioni dell’Unità d’Italia furono scartati perché venivano privilegiati altri», ha detto Zampolini, facendo in particolare due nomi. «Quelli che lavoravano erano Stefano Boeri, che era amico di Prodi e Rutelli. E l’architetto Napoletano che era amico di Walter Veltroni».



Bertolaso sarà sentito nei prossimi giorni dai magistrati di Perugia. L'interrogatorio era già stato concordato nei giorni scorsi dai magistrati Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi con il legale di Bertolaso, Filippo Dinacci per la seconda metà di giugno ma potrebbe essere anticipato già alla prossima settimana. E i magistrati di Perugia non escludono di sentire anche il leader dell'Idv.



Basta con le illazioni e la macelleria mediatica, replica Bertolaso. La casa di via Giulia mi fu prestata gratuitamente da un amico, che «non era Diego Anemone», ha spiegato il responsabile della Protezione civile. Bertolaso ha assicurato che chiarirà al più presto la vicenda fornendo tutti gli elementi necessari e di non voler fare il nome dell'amico che gli prestò la casa «per non esporlo alla macelleria mediatica in atto». Bertolaso «esclude» anche che quell'immobile quando lui vi andò nel 2003 fosse stato appena ristrutturato e ribadisce «di non aver mai conosciuto l'architetto Zampolini. Ho già chiesto ai magistrati di Perugia di poter essere ascoltato su questa e le altre vicende che mi riguardano appena possibile».



«Non posso che riconfermare quanto comunicato al momento dell'uscita della cosiddetta lista Anemone - ha aggiunto Bertolaso - e ribadisco che mi sono avvalso di un appartamento a via Giulia a Roma, per un breve periodo, verso la fine del 2003 ben prima quindi di qualsiasi rapporto di lavoro, ancorché indiretto con l'impresa Anemone».



«Vogliono distruggere tutto questo, vogliono distruggere la Protezione Civile», ha poi detto oggi Bertolaso, parlando con alcuni interlocutori sul palco delle autorità durante la sfilata del 2 Giugno. «Vogliono distruggere il lavoro di anni» avrebbe ribadito.



«A pagare l'affitto dell'appartamento era l'architetto Zampolini». Raffaele Curi, proprietario dell'abitazione in via Giulia, conferma la versione dell'architetto. Stando a Curi, però, non sarebbe lui «l'amico personale» che avrebbe messo a disposizione «gratuitamente» l'appartamento a Bertolaso, che dice di non conoscere. Curi è stato sentito dai pm Sottani e Tavarnesi e ha fornito il riscontro che i magistrati stavano cercando alle parole di Zampolini. «Non conosco assolutamente Bertolaso - avrebbe messo a verbale il proprietario dell'appartamento - a pagare era Zampolini». In un'intervista a La Repubblica del 14 maggio Curi disse di aver saputo che l'appartamento era destinato a Bertolaso. «Ero felicissimo - furono le sue parole - ho pensato che fosse una persona affidabile. Ma presto mi sono dovuto ricredere: non sono mai riuscito a contattarlo per fargli firmare il contratto. Non l'ho mai visto in faccia, il mio interlocutore era un factotum di cui non ricordo il nome». Nome che gli è tornato in mente davanti ai magistrati.



Prodi e Rutelli annunciano querela. «Il signor Zampolini spara nel mucchio sapendo benissimo che non ho mai indicato alcun nome per la realizzazione delle costruzioni del G8 alla Maddalena», ha affermato Romano Prodi in una nota. «Evidentemente - ha aggiunto l'ex premier- spera di poter dimostrare che siamo tutti eguali. Ma poiché non è così, ho dato mandato ai miei avvocati di adire alle vie legali». Anche Rutelli ha annunciato querela: «Purtroppo, in Italia i calunniatori finiscono sui giornali ma raramente i calunniati si vedono risarciti tempestivamente e con altrettanta puntualità dai mezzi di informazione del loro buon nome».



Di Pietro: «Non ho mai avuto né in affitto né in vendita né in comodato d'uso alcun immobile nè da Anemone né da Propaganda Fide». Così il leader Idv, annunciando di aver chiesto ai pm di Perugia di essere sentito immediatamente. «Non è proprio vero quanto affermato da Zampolini - prosegue Di Pietro - al quale evidentemente qualcuno ha propinato false informazioni, per mettere tutti nello stesso calderone». Di Pietro parla di «depistatori e professionisti della disinformazione» come di coloro che hanno fornito le informazioni a Zampolini, sottolineando di «sapere bene che insisteranno nei prossimi giorni nel prendersela con me nel malcelato tentativo di fare di tutta un'erba un fascio».



Per quanto riguarda l'appartamento a via della Vite 3, spiega Di Pietro, fu preso in affitto dalla società editrice Mediterranea Srl, il cui legale rappresentante è Antonio Lavitola. «In data 21 febbraio 2006 (prima delle elezioni politiche e del suo insediamento al ministero delle Infrastrutture) l'Italia dei Valori ha deliberato di stipulare con detta società la realizzazione e la diffusione del giornale del partito ma l'immobile di via della Vite non è e non è mai stato nella disponibilità di Idv».



Diverso il discorso per la casa di via Quattro Fontane. Questo, dice Di Pietro, è stato preso in affitto da Silvana Mura «che, su segnalazione del senatore Stefano Pedica, ha stipulato il 9 novembre 2006 un contratto con Propaganda Fide per un importo di 21mila euro annuali, dunque 1.800 euro al mese oltre alle spese condominiali di circa 200 euro mensili». L'appartamento, spiega poi Di Pietro, fu proposto da Pedica anche alla figlia di Di Pietro, Anna, ma questa non lo prese perchè invece di studiare a Roma si trasferì a Milano. «Né io, né Mura e men che meno mia figlia abbiamo mai avuto a che fare con il signor Anemone, persona che nessuno di noi conosce». Affermazioni tutte ribadite anche da Silvana Mura, che annuncia di aver dato mandato ai suoi legali di vagliare le notizie pubblicate sull'argomento.



Di Pietro ribadisce inoltre di aver cacciato Balducci. «In Italia, in tema di grandi lavori pubblici, non si muove foglia che il Consiglio Superiore non voglia» e quando «arrivai al ministero, l'ingegner Balducci era Presidente del Consiglio Superiore. Io l'ho subito spostato e con me al ministero non ha mai svolto alcuna attività lavorativa». Ma non solo: «mi opposi - dice Di Pietro - in modo fermo e risoluto alle modalità con cui venne istituita ed organizzata la struttura di missione» per il 150esimo dell'Unità d'Italia, presieduto proprio da Balducci, «ed anche al modo poco trasparente con cui venivano realizzati gli appalti». In una lettera al presidente del Consiglio e ai ministri interessati, Di Pietro scrisse che «ci stiamo avviando verso macroscopiche violazioni di legge e questo non può essere accettato se riscontrato».
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