Yara, ultimi attimi: fuga, inseguimento,
omicidio. E spunta l'ombra di una donna

Yara Gambirasio
di Luca Lippera
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Martedì 8 Marzo 2011, 14:25 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 17:54
ROMA - Yara Gambirasio tent di sfuggire all’assassino correndo tra le sterpaglie di Chignolo d’Isola ma fu raggiunta, ferita, fiaccata e strangolata. Riusc in qualche modo a scappare dall’auto che l’aveva portata prigioniera sul campo di via Bedeschi e si lanciò verso le luci dei vicini capannoni industriali perché l’istinto le fece intravedere, in quel chiarore vicino eppure lontanissimo, la possibile salvezza. Il “mostro” tuttora senza volto però le fu addosso in un attimo.



Quando l’ebbe raggiunta, la afferrò da dietro per il giubbotto. Le assestò un paio di fendenti che la presero di striscio alla schiena. La ragazzina cercava di divincolarsi, quando un secondo colpo le arrivò alla gola. Fu allora che cadde e fu allora che lo sconosciuto le fu sopra a cavalcioni per finirla. Qualunque cosa impugnasse, un coltello, un cacciavite o chissà che altro, la vittima continuava a dibattersi disperata e allora l’assassino lasciò cadere l’arma, si abbandonò alla forza selvaggia dell’animale e strinse le mani attorno al collo della piccola ginnasta di Brembate Sopra finché non la vide immobile per sempre.



Gli investigatori al lavoro a Bergamo, dieci giorni dopo la scoperta del corpo, credono di aver ricostruito («Con una certa approssimazione», ammettono) gli ultimi istanti della piccola Gambirasio. Non che la cosa costituisca una svolta nelle indagini a più di tre mesi dall’inizio del giallo non si è ancora cavato un ragno dal buco ma almeno si intravedono in tanta oscurità alcuni punti fermi. Gli esperti del Servizio centrale operativo (Sco), in base ai primi risultati dell’autopsia, sembrano certi che la ragazzina sia stata uccisa proprio la sera del 26 novembre scorso e che il suo destino si sia consumato tutto sul campo di Chignolo d’Isola.Yara, se le prime conclusioni sono fondate, riuscì per un attimo, questione di secondi, una ventina di metri, a fuggire. Potè farlo non solo perché trovò il modo di aprire lo sportello dell’auto con cui fu portata in via Bedeschi, ma anche perché i colpi dell’assassino furono sferrati in un modo che ora agli investigatori appare «incerto» e «quasi insicuro». Se incertezza e insicurezza siano sinonimi di minor forza, fino a lasciar intravedere la mano di una donna, non è chiaro benché sia ritenuto «possibile». Quello che invece sembra assodato, almeno a chi indaga, è che l’assassino non riuscì subito a ferire mortalmente la vittima e perciò si affidò alle dita per finirla. Nei giorni scorsi è stato trovato su un muretto un coltello da cucina arrugginito a Chignolo d’Isola, ma secondo gli inquirenti non avrebbe attinenza con l’omicidio.



Un’altra quasi certezza pare arrivare dall’esame dei vestiti di Yara. I quali direbbero che il delitto fu compiuto nello stesso punto in cui è stato trovato il cadavere. Sui talloni delle scarpe della vittima, un paio di Converse All Star nere, “marchio di fabbrica” e icona di milioni adolescenti, non ci sono tracce di terra che possano far pensare a un trascinamento del corpo. Idem sul retro dei leggins, i pantaloni elastici indossati dalla vittima la sera della scomparsa, e sul giubbotto. Anche lì solo residui della fanghiglia sulla quale erano distesi i resti della tredicenne e nient’altro. Un’ulteriore e apparente conferma che Yara cadde e morì esattamente dove è rimasta per ben tre mesi.



Se tutto questo possa far decollare le indagini, nessuno, onestamente, può dirlo. La Procura di Bergamo, dopo l’arrembaggio alla nave che portava in Nordafrica il marocchino Fikri, prima sospettato del delitto, poi rilasciato con tante scuse, non ha più detto una sillaba. Non si capisce cosa abbia prodotto, in quasi tre mesi, questa cortina di silenzio, né se essa nasconda una strategia o la totale mancanza di un indizio che sia uno. A Brembate di Sopra, e non solo lì, la gente vuole un colpevole il colpevole e invoca giustizia. La magistratura fa sapere indirettamente che bisogna aspettare. Anche per i funerali di Yara, perché dieci giorni non sono bastati a finire gli accertamenti su quel che ne resta.
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