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Gap e la baby modella col velo islamico: «Celebriamo le diversità». Ma scoppia la polemica
4 Minuti di Lettura
Sabato 11 Agosto 2018, 21:11
Dure polemiche in Francia dopo l'ultima pubblicità della Gap, marca americana di abbigliamento, che ha scelto un'immagine di due bambine sorridenti, in jeans e giubbottino, per la sua campagna in vista del nuovo anno scolastico: la particolarità di queste due bambine è che una ha una massa di capelli ricci in testa, mentre l'altra, sul capo, ha il velo islamico. Ed è bastata questa foto a scatenare la bufera nel Paese transalpino, fino a spingere deputate sia di maggioranza che di opposizione a chiedere il boicottaggio del marchio.
Posizioni opposte rimbalzate nei commenti della rete: il web si divide infatti tra chi chi accusa l'azienda di imporre un modello vicino alla tradizione islamica e chi plaude al messaggio di apertura alle diverse culture presenti nella nostra società.
L'azienda si è difesa rispondendo che «Gap Kids incoraggia i bambini a tornare a scuola celebrando le diversità» e spiegando che i ragazzini apparsi nella pubblicità (di cui fa parte anche un video) vengono da una storica scuola elementare pubblica di Harlem, quartiere di New York dalle tante anime.
Rien ne justifie ni n'autorise que l'on voile des petites filles ! Et Gap en fait aujourd'hui un argument commercial sous prétexte d'ode à la diversité... Ma réaction ⬇https://t.co/LyrVMizuGa
Gap poursuit sa soumission à l'islamisme avec ses affiches de petites filles voilées. J'ai dénoncé à plusieurs reprises cette montée en puissance du voile imposée aux petites filles qui est une maltraitante et un piétinement de nos valeurs d'égalité, de liberté et de laïcité ! pic.twitter.com/jCc1XbOaEJ
«Cominciare l'anno con il piede giusto consiste nel non metterne più uno da Gap - scrive Aurore Bergé, deputata di En Marche, il partito del presidente Macron, su Twitter -. Nulla autorizza né giustifica che venga messo il velo alle bambine: dov'è la loro libertà? Dov'è il loro libero arbitrio? Dov'è la loro scelta? Che sia un argomento commerciale mi disgusta». Sempre via tweet le fa eco la collega dei Républicains (destra), Lydia Guirous: «Ho denunciato a più riprese questo aumento di imposizione del velo alle bambine: è un maltrattamento che calpesta i nostri valori di uguaglianza, di libertà e di laicità».
Against civil war, against the mafia and urban violence of identity, against ferocious ethnic conflict, against religious wars and fault line wars, against terrorism and against all forms of resurgent racism there is this joyous con-fusion as a value... https://t.co/JOs9w0VFVEpic.twitter.com/DxW0KJWFYd
L'ESEMPIO BENETTON (E GLI ALTRI) Se la Francia discute da tempo sul tema del velo, in nome della laicità che è elemento fondante dell'identità del Paese, e lo vieta negli uffici pubblici (scuole comprese), diversità e integrazione sono tra i punti di forza di diverse campagne pubblicitarie, prime fra tutte quelle di Benetton: l'ultima, firmata da Oliviero Toscani, vede in scena alcuni modelli nudi, abbracciati e di diverse etnie.
Quanto al velo in passerella, la moda islamica è ormai un business e livello globale e molti marchi da tempo lo stanno cavalcando. È il caso di DKNY, che nel 2014 ha creato una collezione di look femminili per il Ramadan, o del giapponese Uniqlo che ha realizzato nel 2015 una linea firmata dalla designer inglese Hama Tajima. Una tendenza che ha contagiato anche brand di fast fashion come lo spagnolo Mango, che ha proposto una sua Ramadan Collection, o il gigante svedese H&M che ha scelto come testimonial la modella Mariah Idrissi vestita con l'hijab. E il velo usato dalle donne musulmane ha debuttato anche sulla copertina di Playboy, scatenando polemiche.