A Vittoria la "Stidda" condizionava le elezioni da anni: l'ex sindaco Pippo Nicosia tra le 6 persone ai domiciliari

Giuseppe "Pippo" Nicosia, ex sindaco di Vittoria: è tra le 6 persone finite ai domiciliari nell'operazione "Exit Poll"
di Mario Meliadò
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Giovedì 21 Settembre 2017, 21:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 08:03

Solo pochi giorni fa c'era stata l’ultima raffica d’arresti nei confronti della “Stidda” attiva a Vittoria: ora un ciclone giudiziario per la presunta commistione tra la criminalità organizzata locale e la politica ha travolto l’importante centro del Ragusano, con l’arresto di sei persone tra le quali l’ex sindaco Giuseppe “Pippo” Nicosia e il fratello – ma anche consigliere comunale nell’attuale consiliatura – Fabio Nicosia. E avanza a passi spediti l’ipotesi dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.
 
L’operazione Exit Poll, oltre ai due Nicosia, ha visto i militari della Guardia di finanza di Catania eseguire misure cautelari nei confronti di Venerando Lauretta e Giovambattista Puccio detto “Titta u ballerinu” (entrambi già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso), Raffaele Giunta e Raffaele Di Pietro (considerato un ex “stiddaro”). Le accuse nei confronti dei sei arrestati – tutti ai domiciliari – riguardano le Comunali dell’anno scorso; ma secondo gli inquirenti il fil rouge di corruttela e accordi sottobanco riguarda almeno un intero decennio, dal 2006 fino appunto al 2016, mentre le indagini in sé son durate quasi un anno, dall’aprile dello scorso anno fino al febbraio di quest’anno. Giunta e Di Pietro avrebbero fatto un po’ da “sensali”, da uomini-cerniera tra la galassia malavitosa e la politica.  
 
Come rilevato dal procuratore distrettuale di Catania Carmelo Zuccaro, a Vittoria il “cartello elettorale” che aveva incrociato a doppio filo i propri interessi politici con quelli criminali della “Stidda” vinceva sempre; anche quando perdeva, grazie a un trasversalismo “a prova di cabina elettorale”.

Alle ultime Amministrative, quando ben nove persone avevano tentato la scalata a Palazzo di città, l’aspirante alla fascia tricolore per il Pd e per le civiche “Nuove Idee – I Democratici” ed “Ellepi16 – Ellepi per Vittoria” Lisa Pisani (espressione del gruppo coagulato attorno al sindaco uscente, Pippo Nicosia, non ricandidabile, avendo già svolto due mandati di fila) era stata sbriciolata al primo turno, svoltosi il 5 giugno del 2016, con un 9,3% devastante. Almeno all’apparenza.

Al ballottaggio, due settimane dopo, aveva trionfato Giovanni Moscato (estrazione, l’Alleanza nazionale che fu), supportato da quattro liste civiche: “Se la ami la cambi”, “Riavvia Vittoria”, “Movimento politico sviluppo ibleo” e “Spazioaperto”. Ma le distanze politiche in realtà erano relative, hanno asserito i magistrati della Direzione distrettuale antimafia catanese in conferenza stampa, considerando che a Moscato – avvocato, di professione – durante la precedente consiliatura erano stati assegnati diversi incarichi legali e non certo per caso. Il sindaco di Vittoria in carica è accusato di corruzione elettorale.
 
Il corpo dell’inchiesta deve molto alle dichiarazioni di due “pentiti”, Biagio Gravina e Rosario Avila. Grazie alle loro rivelazioni, raccolte dall’attuale procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, curiosamente sia l’oggi primo cittadino sia lo sfidante, Francesco Aiello (supportato elettoralmente dalla Lista Spiga, che poi si accaparrò tutt’e tre i seggi della coalizione, Psi-Pse, Lista Quadrifoglio e Pdr-Sicilia Futura), finirono iscritti al registro degli indagati insieme ad altre sette persone quando ancora neppure si era votato per il ballottaggio del 19 giugno 2016 che incoronò primo cittadino Giovanni Moscato. Secondo Avila – genero dell'ex “reggente” della Stidda di Vittoria, Giambattista Ventura –, ragusano di fatto ma originario di Niscemi, anni prima Aiello sarebbe stato eletto sindaco con l’appoggio del clan Russo.
 
Ad avviso dei magistrati catanesi, prima del voto entrambi i candidati alla sindacatura «in cambio dell’erogazione o della promessa di denaro o di altra utilità, quali posti di lavoro, accettavano dal clan Dominante-Carbonaro la promessa di procurare voti». “Esemplare” il comportamento di un candidato consigliere della lista civica “Riavvia Vittoria”, Cesare Campailla: grazie al meccanismo del voto disgiunto (rientrando il Comune di Vittoria tra quelli sopra i 15mila abitanti), Campailla avrebbe simultaneamente chiesto il suffragio per sé (correndo in una lista collegata al candidato sindaco Moscato) e per l’aspirante primo cittadino di una differente coalizione, appunto Aiello.
La Stidda, alle Comunali di Vittoria, avrebbe comunque vinto a mani basse. L’anno scorso, l’inchiesta avviata dalla Dda etnea che ha poi prodotto gli arresti di queste ore fu bollata da Pippo Nicosia – già vicepresidente nazionale di Avviso pubblico – come un riverbero della «macchina del fango» azionata da spezzoni della criminalità organizzata del Ragusano per vendicarsi della sua azione antimafia.
Un "sistema" che avrebbe interessato molte altre persone.
 
Ma le dichiarazioni dei pentiti Avila e Gravina, nel corso degli ultimi anni, hanno ricostruito uno scenario ben più fosco circa la presunta connection Stidda-politica. La criminalità ragusana, proprio tramite Fabio Nicosia, avrebbe infatti offerto i suoi voti al presidente uscente della Regione Sicilia, Saro Crocetta: alle Regionali del 28 ottobre 2012, che videro trionfare l’ex sindaco di Gela, Nicosia era infatti candidato all’Assemblea regionale siciliana (conquistò 3.291 suffragi) nella lista “Crocetta Presidente” per la circoscrizione provinciale di Ragusa, dove la lista però pur prendendo il seggio vide l’elezione di Nello di Pasquale (che di consensi ne raccolse 7.754).


 

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